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Alimentari e Gas; il peggio si sconta sui rendimenti dei BTP

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Alimentari gas e petrolio, continuano a essere il traino dell’inflazione; i mercati sono contrastati e sfiduciati soprattutto riguardo ai Paesi più indebitati come l’Italia.

Soffrono i Titoli di Stato; il BTP a 10 anni ha un rendimento che in questi giorni ha superato il 4%. Mentre lo spread registra oggi i 208 punti.

Dopo una seduta negativa dietro l’altra i BTP più vantaggiosi rimangono quelli a lunga scadenza a 10 e 30 anni. Questi titoli sono in grado di compensare l’erosione dei rendimenti causati dall’inflazione e hanno rendimenti superiori in termini di duration e rapporto tra rischio e rendimento.

Dopo l’ultimo board di giovedì il BTP decennale è arrivato a offrire lo 0,70% in più. Troppo per passare inosservato a Francoforte. I problemi di natura tecnica non mancano, ed è necessario designare uno strumento che non si trasformi in un finanziamento palese dei debiti sovrani. Intanto la BCE ha dato il mandato per realizzare uno scudo anti spread necessario per proteggere i conti pubblici dall’avversione al rischio dei mercati finanziari. A guadagnare di più in questo frangente i BTP 2052, 2027 e il BTp green con scadenza 2045.

Inflazione e prezzi di alimentari e gas, il livello più alto da novembre 1990

Secondo i dati Istat a maggio, dopo il rallentamento di aprile, l’inflazione torna ad accelerare salendo dello 0,8 su base mensile e del 6,8% su base annua; un livello che non si registrava da novembre 1990. Le conseguenze dell’aumento dei prezzi al consumo si scontano su quasi tutte le tipologie di prodotto, con gli alimentari lavorati e non lavorati che salgono più di un punto percentuale e rispettivamente al 1,3 e 1,1%.

Le tensioni maggiori per l’Unione europea e per i mercati rimangono sul fronte della guerra in Ucraina. Mario Draghi, ieri ha accusato Putin di uso politico del gas contro l’Unione europea. In questo contesto l’Italia intende fare pressioni per l’impegno comune di un tetto al prezzo del gas che viene importato dalla Russia attraverso gli oleodotti. Il timore di una rappresaglia con la chiusura delle forniture si sta concretizzando in questi giorni.

Da questa settimana Gazprom ha iniziato a ridurre le forniture a Germania, Francia, Italia e Austria, dopo aver già chiuso il rubinetto del gas a Polonia, Bulgaria, Estonia, Finlandia e Paesi Bassi. Se questi ultimi si erano opposti al pagamento del gas in rubli la giustificazione dell’azione russa verso i primi quattro rimane piuttosto aleatoria.

Giovedì Eni ha ricevuto solo il 65 per cento del gas richiesto, dopo la riduzione del 15 per cento delle forniture di mercoledì Gazprom ha detto che non c’è alcuna soluzione al problema al gasdotto Nord Stream che collega la Russia direttamente alla Germania e ora funziona al 60 per cento della sua capacità. L’impatto, oltre che in Germania, si è fatto sentire anche sulla Francia e in Slovacchia. Il prezzo del gas, che il 7 giugno era sceso sotto gli 80 euro kilowattora, dopo il picco di 206 euro tre mesi prima, è balzato oltre 148 euro, prima di stabilizzarsi a 120.

Andrea Carta

Ha studiato Analisi Tecnica dei mercati finanziari e ha svolto la professione di trader indipendente fino al 2019. Appassionato di letteratura e scrittura creativa, concilia le sue conoscenze ed esperienze scrivendo articoli in tema finanziario, socio economico e politico

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