C’è chi ha chiuso bottega pensando fosse la fine. Invece esiste un assegno mensile da oltre 600 euro che accompagna alla pensione chi smette di lavorare prima dei 67 anni. Non tutti ne parlano, eppure è previsto dalla legge. Ma basta un dettaglio saltato, una procedura mancata o un requisito non rispettato, e il diritto sfuma. L’indennizzo commercianti è reale, ma bisogna muoversi bene e nei tempi giusti.
Chiudere un’attività commerciale non è solo una scelta professionale, è anche una decisione personale pesante. Quando il mercato si stringe, le spese aumentano e la clientela cala, spesso non ci sono alternative. Soprattutto per chi lavora in proprio, senza paracadute come la NASpI o altri ammortizzatori sociali, restare senza reddito può significare crisi immediata.
Eppure, una possibilità esiste. Un aiuto che non è una pensione vera e propria, ma che arriva dall’INPS e può coprire diversi anni, fino al momento della pensione di vecchiaia. Si tratta dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, una misura poco pubblicizzata ma prevista per legge, con regole chiare e somme precise.
Il nome può confondere: qualcuno lo chiama “rottamazione della licenza”, ma è qualcosa di più concreto. È un vero e proprio assegno mensile, pagato dall’INPS, pensato per chi ha versato contributi nella gestione commercianti e decide di chiudere definitivamente la propria attività.
Nel 2025, l’importo dell’indennizzo commercianti è fissato a 603 euro al mese. Viene rivalutato ogni anno in base all’inflazione, come accade per le pensioni. Questo assegno viene versato ogni mese a chi ha cessato l’attività e rispettato alcuni requisiti fondamentali.
Innanzitutto, è necessario aver chiuso l’attività in modo ufficiale: significa cancellarsi dal Registro delle Imprese, restituire la licenza commerciale al Comune e interrompere ogni attività professionale. Inoltre, bisogna essere iscritti alla gestione commercianti INPS da almeno 5 anni e aver raggiunto i limiti anagrafici stabiliti: almeno 62 anni per gli uomini e 57 per le donne.
Questa differenza di età fa sì che le donne, se in possesso dei requisiti, possano percepire l’indennizzo anche per 10 anni. Gli uomini, invece, arriverebbero a un massimo di 5 anni di sostegno. In entrambi i casi, il beneficio si interrompe al compimento dei 67 anni, momento in cui si accede alla pensione di vecchiaia.
L’indennizzo non è cumulabile con altri redditi da lavoro o pensioni, e l’INPS controlla attentamente la posizione del richiedente. Per questo è importante presentare la domanda completa, con tutta la documentazione necessaria.
Una domanda frequente riguarda chi ha già chiuso l’attività commerciale, ma solo dopo ha saputo dell’esistenza dell’indennizzo. È il caso, ad esempio, di chi ha cessato nel 2023 ma non ha presentato domanda. In questi casi, il diritto non decade, ma occorre agire tempestivamente.
L’INPS chiarisce che il diritto all’indennizzo nasce solo dalla data di presentazione della domanda. Quindi, anche se si avevano già tutti i requisiti nel momento della chiusura, il pagamento parte solo dal mese successivo alla domanda. Le mensilità precedenti sono perse.
Per questo è essenziale verificare subito se si è ancora in tempo per inoltrare la richiesta. Non servono intermediari obbligatori, ma affidarsi a un patronato può facilitare la procedura e ridurre il rischio di errori. Una volta approvata, la misura viene erogata come una pensione, con accredito mensile.
L’indennizzo INPS per commercianti rappresenta un’opportunità concreta in un momento di difficoltà. Non tutti ne parlano, ma per molti può segnare la differenza tra restare senza nulla e ricevere un sostegno dignitoso in attesa della pensione
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