Chi ha sottoscritto una polizza sanitaria che prevede un assegno di morte si aspetta che, in caso di decesso, la propria famiglia sia tutelata. Ma cosa succede se la morte avviene in un altro Paese dell’Unione Europea? L’indennizzo spetta comunque? Il dubbio è più che legittimo, soprattutto oggi che vivere, lavorare o curarsi all’estero è sempre più comune. E proprio in questi casi, conoscere cosa garantisce realmente la propria copertura assicurativa può fare la differenza.
Molte persone stipulano un’assicurazione sanitaria pensando principalmente a spese mediche, visite o ricoveri. Ma alcune coperture vanno ben oltre: includono anche un indennizzo in caso di decesso, detto comunemente assegno di morte. Si tratta di una somma prefissata, che può arrivare a cifre importanti, e che viene versata agli eredi o ai beneficiari indicati nel contratto.

Ciò che in pochi sanno è che questo assegno può essere erogato anche se il decesso avviene all’estero. Tuttavia, non tutte le assicurazioni lo prevedono automaticamente: è necessario verificare con attenzione il contratto. Le clausole territoriali, i Paesi coperti, le modalità di richiesta e la documentazione necessaria variano da compagnia a compagnia.
Decesso in un altro Paese UE: cosa succede con l’assicurazione sanitaria
Nel caso in cui il decesso avvenga in un altro Stato dell’Unione Europea, le assicurazioni sanitarie private che prevedono un assegno di morte solitamente mantengono valido l’indennizzo, a condizione che il contratto sia attivo e che l’evento rientri tra quelli coperti.

Come riportato nei fascicoli informativi di compagnie come Poste Assicura o Generali, la copertura resta attiva anche all’estero se il soggiorno non supera un certo numero di giorni (di solito 90 o 180) o se si tratta di un trasferimento temporaneo per lavoro, vacanza o studio. Se il contratto lo prevede, la famiglia può quindi ricevere l’assegno di morte anche in caso di decesso in Francia, Germania, Spagna o altri Paesi dell’UE.
Per ottenerlo, la famiglia del defunto dovrà contattare l’ente assicurativo presso cui era attiva la copertura, nel Paese di residenza. Sarà poi quest’ultimo a trasmettere la richiesta agli uffici competenti o alla compagnia centrale, se necessario. Serviranno documenti come il certificato di morte, la documentazione del rimpatrio (se effettuato), e in alcuni casi anche la cartella clinica estera o eventuali rapporti di polizia.
Un elemento cruciale è la designazione dei beneficiari. Se il contratto assicurativo prevede esplicitamente a chi spetta l’indennizzo, non ci saranno dubbi sull’erogazione. In assenza di indicazioni, valgono le regole ordinarie della successione.
Assegno di morte e pensione di reversibilità: sono compatibili?
Il risarcimento previsto dalla polizza sanitaria non ha nulla a che vedere con l’INPS o con la previdenza pubblica. È un indennizzo privato, legato al contratto assicurativo, quindi può coesistere senza alcun problema con altri diritti, come la pensione di reversibilità.
La pensione di reversibilità, regolata dall’INPS, spetta al coniuge superstite e ad altri familiari in presenza di determinati requisiti. È una rendita mensile e non è influenzata da eventuali indennizzi assicurativi ricevuti. In altre parole, ricevere l’assegno di morte da un’assicurazione sanitaria non incide sul diritto alla reversibilità.
Un caso pratico può aiutare: un cittadino italiano lavora in Belgio e ha una polizza sanitaria privata attiva in Italia che prevede un assegno in caso di morte. Muore improvvisamente. I familiari possono:
– ricevere l’indennizzo assicurativo (previa verifica del contratto);
– presentare domanda all’INPS per la pensione di reversibilità (se lavorava in Italia o aveva una pensione italiana).
Si tratta quindi di due diritti distinti, che si sommano senza alcuna incompatibilità.
Sapere che la protezione assicurativa non si ferma ai confini nazionali è rassicurante. Ma lo è ancora di più sapere che anche i diritti previdenziali restano attivi.