Quando si eredita una casa, il pensiero non corre subito all’INPS, ma le conseguenze possono arrivare anche da lì. Per chi riceve l’assegno sociale, l’ingresso di un immobile nel proprio patrimonio può sollevare dubbi e preoccupazioni. Si rischia davvero di perdere il diritto a questo sostegno solo perché si è diventati proprietari? In un momento in cui ogni euro conta, è fondamentale capire come funziona davvero il legame tra proprietà e prestazione economica.
Non è raro ricevere in eredità una casa e non sapere cosa fare. Magari non è affittata, è inutilizzata o addirittura in stato di abbandono. Ma all’INPS interessa solo ciò che incide sul reddito? Oppure anche ciò che si possiede, anche se non produce alcun guadagno?
È proprio da questo tipo di situazioni che nascono fraintendimenti, spesso accompagnati da paura e confusione. La risposta non è sempre così intuitiva e dipende da regole che, se non conosciute, possono costare caro. Per non sbagliare, è importante capire come vengono valutati i beni immobiliari in relazione a un aiuto così importante come l’assegno sociale.
Il diritto all’assegno sociale, che oggi corrisponde a 538,69 euro al mese per tredici mensilità, si basa esclusivamente sui redditi effettivamente percepiti dal richiedente. Questo significa che la semplice proprietà di beni immobiliari non porta alla revoca del beneficio, a meno che da essa non derivi un reddito reale, come ad esempio un canone di locazione.
Per chiarire meglio: un immobile ereditato e non affittato, magari in stato di abbandono o privo di utenze, non influisce sul diritto all’assegno. L’INPS non può considerarlo come una fonte di reddito, perché non produce alcuna entrata. È un principio ribadito anche dalla Cassazione, che distingue chiaramente tra reddito potenziale e reddito reale. Il valore catastale o il semplice fatto di essere intestatari di un bene non sono elementi sufficienti per determinare la perdita del sussidio.
Le soglie da rispettare sono precise: 7.002,97 euro annui per i soggetti soli e 14.005,94 euro se coniugati. Chi rientra in questi limiti può ricevere l’assegno in misura piena o ridotta. Se, a seguito di un’eredità, non si supera questo tetto con redditi effettivi, il diritto resta intatto.
Molti confondono la situazione patrimoniale rilevata nell’ISEE con i criteri dell’INPS per l’assegno sociale. In realtà, l’INPS guarda solo al reddito imponibile IRPEF, quindi ciò che effettivamente viene dichiarato e incassato. Il patrimonio immobiliare, se non produce reddito, non entra nel calcolo. Questo è importante per chi ha ricevuto in successione una seconda casa che non viene utilizzata economicamente.
Ci sono stati casi concreti, come quello di un pensionato che ha ereditato una casa in un piccolo paese abbandonato e ha continuato a ricevere regolarmente l’assegno. Nessuna locazione, nessun uso commerciale: l’INPS ha verificato e ha confermato il sussidio. Perché ciò che conta è la disponibilità economica reale, non il valore teorico di ciò che si possiede.
È comunque fondamentale segnalare all’INPS eventuali cambiamenti nella propria situazione, per evitare sospensioni o richieste di rimborso. Se l’ente previdenziale dovesse revocare l’assegno senza prova concreta di un incremento del reddito, è possibile fare ricorso e difendere il proprio diritto.
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