Un semplice messaggio su WhatsApp può davvero bastare per rendere valida una comunicazione condominiale? In un’epoca dove tutto viaggia su smartphone, anche le comunicazioni ufficiali stanno cambiando volto. Ma attenzione: ciò che è comodo non è sempre corretto dal punto di vista legale. Il Codice Civile è ancora legato a regole precise, e trasmettere un verbale o convocare un’assemblea con una mail ordinaria o un messaggio su Telegram potrebbe non essere sufficiente. Le conseguenze? Anche l’annullamento di una delibera. Meglio capire bene cosa si può fare e cosa no.
Capita sempre più spesso di ricevere il verbale dell’assemblea condominiale via email o tramite una chat di gruppo su WhatsApp. A molti sembra una soluzione moderna, veloce e funzionale. Ma è anche una scelta sicura? In ambito giuridico, la certezza fa la differenza.

Non basta che il messaggio sia arrivato: occorre poterlo dimostrare. In caso di contenzioso, l’amministratore dovrà essere in grado di provare non solo l’invio, ma anche la ricezione effettiva.
L’ambiguità normativa lascia spazio a interpretazioni. Il risultato è che molti amministratori usano strumenti informali per velocizzare le comunicazioni, ma lo fanno camminando su un filo sottile. Il rischio è quello di vedere una delibera impugnata da un condòmino, magari scontento, che contesta di non aver ricevuto nulla. E in quel momento, non basta un semplice screenshot.
Quando il verbale dell’assemblea può essere inviato con mezzi rapidi e informali come WhatsApp o email
Secondo quanto previsto dall’art. 66 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, le regole sulla comunicazione si applicano in modo rigoroso solo alla convocazione dell’assemblea. Qui sono ammessi esclusivamente strumenti come la raccomandata, la PEC, il fax o la consegna a mano. Ma per quanto riguarda il verbale condominiale, le cose cambiano.
La legge non impone uno specifico mezzo per trasmettere il verbale agli assenti. Questo significa che l’amministratore ha margine di azione e può utilizzare mezzi più informali come le app di messaggistica, le email ordinarie o perfino i social. La questione però resta delicata. Se una delibera viene contestata, spetta all’amministratore dimostrare che la comunicazione è arrivata realmente al destinatario. Senza una ricevuta ufficiale, la prova può diventare difficile. Uno screenshot può aiutare, ma non sempre è sufficiente a tutelare l’amministratore in sede legale.
Tuttavia, se l’uso di questi strumenti è consolidato nel tempo e mai contestato, può essere considerato legittimo. In questo caso, il comportamento abituale dei condòmini vale quanto una regola scritta. Una sorta di accordo tacito che dà valore legale alla pratica.
Convocazione dell’assemblea: perché la modalità digitale può essere un rischio se non c’è accordo
A differenza del verbale, la convocazione dell’assemblea condominiale è regolata da norme rigide. In questo caso, non basta la praticità. La legge richiede strumenti che forniscano prova certa della ricezione. L’email ordinaria o i messaggi su WhatsApp non rientrano tra questi. E inviare la convocazione con questi mezzi può rendere nulla l’assemblea stessa.
C’è però un’eccezione: se tutti i condòmini, con i loro comportamenti, hanno accettato nel tempo l’uso di canali alternativi, allora quella modalità può essere considerata valida. Ma si tratta di una zona grigia, in cui ogni condominio deve muoversi con prudenza. Una pratica accettata oggi può essere contestata domani, se un singolo condòmino cambia idea o si dichiara estraneo a quella consuetudine.
Per questo, molti amministratori preferiscono attenersi ai canali tradizionali. Anche se più lenti, offrono sicurezza legale. Il progresso digitale è importante, ma non può prescindere dalla tutela dei diritti dei condòmini e dalla certezza delle comunicazioni. La vera sfida sta nel trovare un equilibrio tra modernità e rigore normativo. E chissà se il legislatore, prima o poi, interverrà per aggiornare le regole a misura di smartphone.