Sembra tutto lineare: si perde da una parte, si guadagna dall’altra, quindi i conti si pareggiano. Ma attenzione! Quando si parla di BTP e buoni fruttiferi postali, le regole fiscali cambiano le carte in tavola. Molti contribuenti si ritrovano a fare calcoli che, pur sembrando corretti, non trovano riscontro nella realtà fiscale. Dietro a un apparente equilibrio tra guadagni e perdite, si nasconde un errore piuttosto diffuso. Ed è proprio lì che molti finiscono per rimetterci.
Un investimento in BTP acquistato a 106 può sembrare sicuro. Ma se viene rimborsato a 100, si genera una minusvalenza di 6.000 euro. In parallelo, gli interessi da buoni fruttiferi postali arrivano puntuali e tassati al 12,5%, magari con un bel guadagno di 2.500 euro.
A prima vista, tutto suggerisce una compensazione naturale. Ma è qui che si complica tutto. Perché ciò che conta per il Fisco non è solo quanto si guadagna o si perde, ma da dove provengono quei soldi.
Nel mondo fiscale, le etichette contano eccome. La minusvalenza subita su un BTP è classificata come reddito diverso di natura finanziaria, secondo l’articolo 67 del TUIR. Questo tipo di perdita può essere compensata solo con guadagni della stessa categoria, come quelli ottenuti dalla vendita di azioni, ETF o fondi.
I buoni fruttiferi postali, invece, producono redditi di capitale, tassati alla fonte con un’imposta del 12,5%. Non vanno dichiarati nel modello fiscale, perché già tassati alla radice. E qui sta l’inghippo: le minusvalenze non possono mai essere compensate con i redditi di capitale, proprio perché appartengono a due categorie completamente diverse. Lo ha chiarito anche l’Agenzia delle Entrate, confermando che questi mondi restano fiscalmente separati.
Quindi, anche se si perde su un BTP e si guadagna da un buono postale nello stesso anno, i due eventi non si toccano. Il Fisco li analizza separatamente. Nessuna compensazione è possibile, e chi pensa il contrario rischia di sbagliare la propria dichiarazione dei redditi o di creare false aspettative sul proprio bilancio fiscale.
La buona notizia è che la perdita non va sprecata. Una minusvalenza su un BTP può essere usata per compensare eventuali plusvalenze future appartenenti alla stessa categoria. Ad esempio, se nei prossimi anni si vendono azioni con un guadagno, quella vecchia perdita può essere utile.
Ma attenzione al tempo: la legge consente di riportare la minusvalenza solo per i quattro anni successivi a quello in cui è maturata. Chi ha subito la perdita nel 2025 potrà sfruttarla fino al 2029. Dopodiché, scade.
Chi è in regime del risparmio amministrato può contare sulla banca per le compensazioni automatiche. Chi invece ha scelto il regime dichiarativo deve gestire in autonomia queste voci, magari con l’aiuto di un commercialista.
Questo piccolo dettaglio fiscale può fare la differenza tra recuperare parte della perdita e vederla svanire. Sapere che non tutti i guadagni possono compensare tutte le perdite è il primo passo per non commettere errori e pianificare con maggiore consapevolezza.
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