Azioni da comprare e da evitare secondo la mente di Jesse Livermore

Era capace di anticipare i crolli come pochi altri. Non seguiva consigli, né si faceva influenzare dal rumore di fondo. Se oggi vivesse tra noi, con la sua mente affilata e il suo sguardo analitico, cosa farebbe sui mercati? Quali titoli lo attirerebbero e quali lo spingerebbero a scommettere contro?

Il suo stile, basato sulla lettura dei movimenti e sull’istinto perfezionato, ci fa immaginare un approccio ancora oggi radicale e affascinante.

Persone che passano ordini sui mercati
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Immagina di entrare in una sala immersa nel silenzio, lontana dai grafici colorati e dai post sui social di analisti improvvisati. Davanti a te, una scrivania di legno lucido, un blocco per appunti, e un uomo in giacca scura che guarda un monitor privo di distrazioni. È Jesse Livermore, il leggendario trader che ha fatto tremare Wall Street nei primi decenni del Novecento. È tornato. Non per nostalgia, ma per osservare un mondo che sembra girare più in fretta, ma che in fondo risponde alle stesse logiche di sempre: paura e avidità.

Livermore oggi avrebbe davanti a sé strumenti sofisticati, ma probabilmente li ignorerebbe. Troppe informazioni confondono. Per lui contava solo una cosa: cosa dice il mercato adesso. Lo ascoltava come si ascolta una melodia, distinguendo ogni nota. È con questo spirito che proviamo a immaginare quali azioni comprerebbe Jesse Livermore oggi… e da quali invece starebbe lontano, anzi, su cui scommetterebbe contro.

Jesse Livermore oggi: dove metterebbe il suo denaro

Jesse Livermore, oggi, cercherebbe volatilità. Non investirebbe per tenere i titoli a lungo, ma per trarre profitto dai loro movimenti. Il settore tecnologico, con il fermento dell’intelligenza artificiale, lo attirerebbe come un magnete. Titoli come Nvidia o Palantir, che vivono di cicli emozionali fortissimi e oscillazioni improvvise, sarebbero pane per i suoi denti.

Grafici e prezzi azionari
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Guarderebbe con attenzione anche a Tesla, più per l’imprevedibilità del suo andamento che per l’azienda in sé. Lì dove c’è movimento, c’è opportunità. Probabilmente agirebbe in modo rapido: entrerebbe nei momenti di panico e uscirebbe quando tutti iniziano a comprare. Non seguirebbe le notizie, ma le reazioni emotive degli investitori.

Potremmo immaginarlo mentre piazza operazioni aggressive anche su titoli meno noti, magari nel mercato asiatico, dove la volatilità è spesso sottovalutata. I suoi guadagni, come un tempo, nascerebbero da intuizioni fulminee e posizioni prese quando il resto del mondo guarda da un’altra parte.

Azioni da evitare: dove avrebbe puntato al ribasso

Ma Livermore non era solo un maestro del rialzo. Era forse ancora più efficace quando scommetteva sul crollo. Oggi, lo vedremmo probabilmente vendere allo scoperto titoli appartenenti a settori in crisi strutturale. Il retail tradizionale, ad esempio, non gli ispirerebbe fiducia. Aziende come Macy’s o TargetMacy’s, che faticano ad adattarsi all’e-commerce e ai nuovi modelli di consumo, sarebbero tra le prime a finire nel mirino.

Potrebbe anche puntare al ribasso su aziende che hanno vissuto un boom temporaneo, come Zoom, il cui valore percepito è ancora legato al periodo pandemico. La sua logica sarebbe sempre la stessa: evitare ciò che è sopravvalutato e approfittare dell’eccessiva fiducia.

Anche il settore immobiliare commerciale, in sofferenza per via dello smart working e del calo degli spazi affittati, lo interesserebbe dal lato opposto. Un ETF che rappresenta questo comparto potrebbe diventare un bersaglio perfetto per le sue vendite allo scoperto.

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