BCE sotto pressione: perché la riunione di giugno vale più di mille parole

Quando economia e politica si intrecciano, ogni decisione pesa come una pietra. I riflettori sono puntati sulla prossima riunione della Banca Centrale Europea, prevista per il 5 giugno 2025. Mentre le tensioni tra Europa e Stati Uniti scuotono i mercati e le incertezze si moltiplicano, le aspettative su cosa accadrà sono alle stelle.

In uno scenario così instabile, anche una scelta tecnica può innescare una reazione a catena che coinvolge famiglie, imprese e governi.

Simbolo percentuale e freccia rialzo/ribasso
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Ci sono momenti in cui le riunioni di politica monetaria passano quasi inosservate. Non è questo il caso. Il contesto è tutto fuorché tranquillo: dopo sette tagli consecutivi ai tassi, la Banca Centrale Europea si prepara a un’ulteriore riduzione, che porterebbe il tasso sui depositi al 2%. Sembra una mossa già scritta, ma le opinioni all’interno del Consiglio direttivo sono tutt’altro che allineate. Alcuni membri chiedono una pausa. Temono che insistere con l’allentamento possa indebolire il controllo sull’inflazione e creare nuovi rischi.

L’economia dell’Eurozona non sta vivendo un momento brillante. Le stime di crescita sono state riviste al ribasso, e non solo per motivi interni. A pesare, infatti, sono anche le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, esplose dopo l’annuncio dei dazi al 50% sulle importazioni europee a partire dal 1° giugno. Una decisione che ha fatto tremare i settori più esposti, in particolare l’automotive. La Commissione Europea ha reagito tagliando le previsioni di crescita al 0,5% per il 2025.

Pressioni geopolitiche, incertezze e previsioni sui tassi

Il clima si è fatto teso, ma alcuni spiragli restano aperti. Dopo un colloquio con Ursula von der Leyen, il presidente Trump ha accettato di posticipare l’entrata in vigore dei dazi al 9 luglio. Inoltre, una sentenza della Corte del Commercio Internazionale ha giudicato illegittimi i cosiddetti “dazi del Giorno della Liberazione”, bloccandone temporaneamente l’attuazione. Tuttavia, l’Unione Europea si sta già preparando con possibili contromisure da 95 miliardi di euro, se i negoziati falliranno.

Sede BCE
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Intanto, in Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca, la produzione automobilistica ha già subito battute d’arresto. La fiducia delle imprese è in calo, gli investimenti frenano e i consumi si fanno più cauti. Le stime di inflazione per il 2025 si aggirano attorno al 2,1%, un dato vicino all’obiettivo BCE, ma esposto a rischi esterni. In questo contesto fragile, la riunione della Banca Centrale Europea assume un valore cruciale: il suo compito non sarà solo quello di decidere un tasso, ma di trasmettere fiducia, equilibrio e lungimiranza.

E le banche d’affari? Anche qui non manca la divergenza. Barclays scommette su un percorso ancora espansivo: secondo le sue previsioni, la BCE taglierà i tassi altre tre volte nel 2025, a giugno, settembre e dicembre, con una pausa nel mezzo, precisamente a luglio. Se così fosse, il tasso sui depositi scenderebbe all’1,5% entro fine anno. Di diverso avviso è J.P. Morgan, che rivedendo le proprie stime, ora prevede solo due tagli, uno a giugno e uno a settembre – attribuendo la sua prudenza alle crescenti incertezze legate alle politiche commerciali statunitensi.

Questo confronto tra previsioni non è un semplice gioco di cifre. È il segnale che, anche tra gli esperti, la bussola dell’economia non indica una direzione univoca. Ogni decisione della BCE avrà ricadute dirette non solo sui mercati, ma anche sulla vita quotidiana: dal mutuo al credito alle imprese, dalla fiducia dei consumatori all’occupazione.

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