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Bene rifugio contro l’inflazione: e se il Bitcoin fosse meglio dell’oro?

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Nel corso degli ultimi mesi sono aumentate le preoccupazioni per l’inflazione, causando una forte contrazione dei mercati azionari.

Nel corso degli ultimi mesi sono aumentate le preoccupazioni per l’inflazione, causando una forte contrazione e volatilità dei mercati azionari. Complici di questa situazione gli stimoli economici da parte delle banche centrali europea e USA, atte a controbilanciare la crisi economica causata dalla pandemia.

Successivamente al pacchetto di stimoli economici da 1,9 miliardi di dollari voluto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in una recente conferenza stampa Jerome Powell, presidente della Banca Centrale Americana, ha confermato che la grande massa di liquidità immessa nel sistema dalla Federal Reserve ha contribuito a sostenere i conti pubblici e potrà generare una ripresa dell’occupazione, ma aumenterà almeno per qualche trimestre l’inflazione.

In questo scenario i beni rifugio come l’oro o lo yen dovrebbero essere avvantaggiati come asset nel quale proteggere il capitale dal rischio di svalutazione, ma a conti fatti, nel caso dell’oro i prezzi da inizio febbraio sono scesi di circa il 10% mentre il Bitcoin saliva nello stesso periodo di circa il 30%.

LEGGI ANCHE >> Cosa sono le criptovalute e come utilizzarle per fare trading

Il Bitcoin meglio dell’oro, sarà il nuovo bene rifugio contro l’inflazione?

Le parole di Michael Saylor, attivo promotore e sostenitore della criptovaluta sulla quale ha investito un valore complessivo di quattro miliardi e mezzo di dollari, sono molto chiare. L’oro sarà scalzato dai vantaggi offerti dal Bitcoin, molto più semplice ed economico da conservare e scambiare, non che con un importante vantaggio deflattivo rispetto al suo valore, in quanto esiste un tetto massimo di ventuno milioni di Bitcoin incorporato nel suo algoritmo e oltre questi non ne verranno estratti altri. Consideriamo che 18,6 milioni di unità sono già in circolazione.

Ogni quattro anni i compensi dei miners, ovvero coloro che prestando la capacità di calcolo dei loro computer permettono il funzionamento dell’infrastruttura sulla quale è basata la criptovaluta, vengono tagliati del 50%. Così con il conseguente rallentamento della produzione, la valutazione del Bitcoin tende a salire. Questo significa che se tendenzialmente a ogni rallentamento programmato della produzione, il prezzo tende a crescere come naturale forma di compensazione tra domanda e offerta, allora per il momento la corsa della crypto potrebbe essere solo agli inizi: l’ultimo Bitcoin verrà infatti estratto nel 2140.

Andrea Carta

Ha studiato Analisi Tecnica dei mercati finanziari e ha svolto la professione di trader indipendente fino al 2019. Appassionato di letteratura e scrittura creativa, concilia le sue conoscenze ed esperienze scrivendo articoli in tema finanziario, socio economico e politico

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