Una parola all’apparenza tecnica può costare anni di risparmi. I Buoni Fruttiferi Postali, spesso considerati un rifugio sicuro, nascondono insidie legate a diciture poco chiare. Una storia realmente accaduta mostra come il mancato controllo delle scadenze possa trasformarsi in un incubo. Quando la fiducia nella semplicità dello strumento prende il sopravvento, si rischia di perdere tutto senza possibilità di appello. È il tempo, infatti, il vero giudice del valore di questi titoli, e non perdona errori o ritardi.
Un giorno come tanti, una donna si presenta in un ufficio postale convinta di riscuotere il valore maturato da otto Buoni Fruttiferi sottoscritti nel 2000. Ma riceve un’amara risposta: tutto prescritto. Convinta che ci sia stato un errore, presenta reclamo all’Arbitro Bancario Finanziario, certa che si tratti solo di un malinteso.
I buoni, sostiene, non riportavano informazioni chiare sulla scadenza e mai avrebbe pensato che il termine fosse stato superato. Ma la legge, in questo caso, parla chiaro e non lascia spazio all’interpretazione.
La serie “CD” di Buoni Fruttiferi Postali, emessa tra marzo e luglio del 2000, è caratterizzata dalla presenza della dicitura “a termine”. Una definizione che, secondo Poste Italiane, chiarisce che i titoli avevano una durata fissa, in questo caso di dieci anni. Quindi, un buono sottoscritto il 10 marzo 2000 è scaduto il 10 marzo 2010. Da quella data, partono altri dieci anni per richiederne il rimborso. Oltre quel periodo, il titolo si considera prescritto e il valore non è più esigibile.
La risparmiatrice, però, ha presentato il reclamo all’ABF nel gennaio 2025, ovvero quasi cinque anni dopo il termine ultimo. La sua posizione si fondava sul fatto che il titolo non riportava esplicitamente la data di scadenza. Ma per il Collegio, questa mancanza non è sufficiente a giustificare un’azione tardiva. Le caratteristiche dei buoni erano state pubblicate all’epoca sulla Gazzetta Ufficiale, rendendo le informazioni accessibili a chiunque volesse verificarle.
Il Collegio ha ribadito un principio già sancito in passato dalla Corte di Cassazione: la mancata consapevolezza del risparmiatore non blocca i termini di prescrizione. In sostanza, non sapere quando un buono scade non impedisce alla legge di considerarlo comunque prescritto.
Questo caso mostra con chiarezza come anche strumenti ritenuti affidabili possano rivelarsi problematici se non se ne conoscono bene le regole. I Buoni Fruttiferi Postali non sono eterni. Hanno una durata ben definita e, soprattutto, una finestra temporale precisa entro cui esercitare il diritto al rimborso. Una volta scaduta, l’importo confluisce nel Fondo delle somme dormienti del Ministero dell’Economia e non può più essere recuperato.
Poste Italiane offre oggi strumenti online per verificare la validità dei buoni in proprio possesso. È possibile controllare la serie di appartenenza e consultare la tabella delle scadenze pubblicata sul sito ufficiale. Un’azione semplice che può evitare brutte sorprese, specie per chi ha ricevuto buoni in regalo molti anni fa e non ne conosce i dettagli.
Nel caso raccontato, nonostante l’evidente buona fede, non c’è stato modo di recuperare i risparmi. Una vicenda che dimostra quanto la conoscenza delle regole, anche minime, sia essenziale. Perché basta una parola come “a termine” per cambiare il destino di un investimento.
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