Essere denunciati e non sapere cosa c’è scritto contro di sé è una delle sensazioni più destabilizzanti. Ci si sente sospesi, come se si stesse vivendo in una zona d’ombra legale. Ma esiste un momento ben preciso in cui tutto diventa chiaro, nero su bianco. Ecco cosa accade davvero quando arriva l’avviso di conclusione delle indagini.
Una notifica improvvisa, un appuntamento in caserma o un contatto da parte della polizia giudiziaria: così inizia, per molti, l’inatteso ruolo di indagato a seguito di una querela. Ma a quel punto, nessun dettaglio viene condiviso. Solo qualche indicazione vaga: il reato ipotizzato, il nome del denunciante, e la sede della Procura. Nessuna traccia concreta di cosa sia stato realmente detto.

Chi finisce in questa situazione spesso non sa che tutto questo rientra in una fase precisa: le indagini preliminari, coperte da segreto istruttorio. Questo significa che né la persona denunciata né il suo avvocato possono leggere il contenuto della denuncia. Tutto resta sotto chiave. Ma c’è un momento in cui l’accesso viene finalmente concesso. E tutto cambia.
Quando è possibile ottenere la copia della querela
Durante le indagini penali, l’accesso agli atti è bloccato per legge, anche per il legale difensore. Solo un evento preciso apre le porte del fascicolo: l’avviso di conclusione delle indagini, previsto dall’art. 415-bis del codice di procedura penale. Da quel momento, si ha il diritto di leggere tutto ciò che è stato raccolto: denuncia, testimonianze, relazioni, prove tecniche.

Immaginare questo passaggio con un esempio aiuta a capirlo meglio. Una persona viene denunciata per diffamazione online. Dopo mesi di silenzio, riceve un verbale per identificazione e nomina del difensore. Nessun dettaglio, nessuna copia della querela. Solo quando la Procura chiude le indagini e invia l’avviso, l’indagato può finalmente accedere al contenuto della denuncia. È lì che si scopre, per la prima volta, quali parole sono state usate contro di lui.
C’è un’eccezione importante: nei procedimenti davanti al giudice di pace (come percosse lievi, ingiurie, minacce), la copia della querela può essere richiesta già con la citazione a giudizio, come stabilito dall’art. 20 del d.lgs. 274/2000. In quel caso, è la segreteria del pubblico ministero a custodire il fascicolo, a disposizione delle parti.
Il significato dell’avviso di conclusione delle indagini
L’avviso 415-bis non è un semplice passaggio formale. È il primo momento in cui l’indagato può difendersi davvero. Oltre a leggere la querela, può presentare memorie, produrre documenti, chiedere ulteriori accertamenti. È anche il momento in cui si decide come affrontare la situazione: cercare una soluzione alternativa come il patteggiamento, o prepararsi per un processo.
In alcuni casi, dopo aver valutato le memorie difensive, il pubblico ministero può persino chiedere l’archiviazione. È successo, ad esempio, in denunce per stalking basate su percezioni soggettive non confermate da prove. Questo dimostra quanto sia importante questa fase: è qui che si capisce la reale portata delle accuse e si può agire per tempo.
L’avviso di conclusione delle indagini è quindi un passaggio chiave. Segna la fine del silenzio e l’inizio del confronto aperto tra accusa e difesa. Ed è il momento in cui chi è stato tenuto all’oscuro può finalmente conoscere ciò che, fino a quel punto, è rimasto nascosto. Una tappa che non è solo procedurale, ma profondamente umana. Perché conoscere le accuse significa anche poter iniziare a ricostruire la propria versione dei fatti.