Convocazioni condominiali inviate al vecchio indirizzo: può davvero bastare una dimenticanza per far saltare tutto? Molti pensano che, se un avviso non arriva, la delibera presa sia automaticamente nulla. Ma la realtà è diversa. Esiste una sottile linea tra il diritto a essere informati e il dovere di collaborare con l’amministrazione. Ed è proprio lì che si giocano molte controversie nei condomìni.
Quando si cambia casa, l’ultimo pensiero è aggiornare i dati nel registro dell’amministratore. Ma è un errore che può avere un peso. Basta che una convocazione importante venga spedita al vecchio indirizzo per ritrovarsi coinvolti in decisioni mai condivise. Eppure, secondo la normativa, se quel cambio non è stato comunicato formalmente, l’amministratore ha agito correttamente. È uno di quei casi in cui la legge punta il dito non su chi ha spedito, ma su chi non ha detto nulla.
Il registro dell’anagrafe condominiale non si aggiorna da solo. È il condomino che deve informare l’amministratore, per iscritto, ogni volta che cambia residenza o domicilio. Se non lo fa, la comunicazione inviata al vecchio indirizzo è ritenuta valida. Questo perché l’art. 1335 del Codice Civile considera ricevuta una comunicazione giunta al domicilio ufficiale, salvo prova contraria di impossibilità senza colpa.
Un caso utile per capire è quello del signor Bianchi. Si trasferisce, ma non invia alcuna comunicazione scritta all’amministratore. Durante la sua assenza, viene convocata un’assemblea per deliberare su spese straordinarie. L’avviso parte per il vecchio indirizzo. Non ricevendolo, Bianchi non partecipa. Quando viene a sapere della decisione e dei costi a lui imputati, prova a opporsi sostenendo di non essere stato convocato. Il giudice però dà ragione all’amministratore: senza una comunicazione formale, il vecchio indirizzo resta valido.
La delibera, quindi, non è nulla, ma al massimo annullabile. E solo se si impugna nei tempi previsti: 30 giorni dalla delibera (se presenti in assemblea), o dal ricevimento del verbale (se assenti). Scaduti i termini, resta efficace, anche se presa senza la partecipazione di tutti.
Altro aspetto chiave sono le modalità di invio. La legge accetta raccomandata, PEC, fax o consegna a mano. L’email normale non basta, se non è stata accettata per iscritto dal condomino. Se un messaggio importante viene inviato via email ordinaria senza accordo, la convocazione è formalmente viziata e la delibera può essere contestata.
Un secondo caso reale: la signora Esposito riceve l’avviso via email normale, senza aver mai autorizzato questo mezzo. Impugna la delibera entro i 30 giorni, e il giudice le dà ragione: la convocazione non era conforme.
Anche chi ritira la convocazione conta. Se, per esempio, arriva al vecchio indirizzo e viene presa in consegna da un parente che non la consegna al diretto interessato, può esserci un vizio, ma resta comunque necessario impugnare entro i termini.
Quando l’amministratore viene a sapere informalmente di un cambio domicilio, può inviare una richiesta scritta per aggiornare i dati. Se il condomino non risponde entro 30 giorni, l’amministratore può aggiornare autonomamente il registro, addebitando le spese per la ricerca dei dati al condomino stesso.
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