La Cassazione si esprime con una pronuncia sulle implicazioni dei coniugi e le agevolazioni prima casa da soddisfare.
Bisogna sapere tutto in tema di agevolazioni prima casa, e i coniugi lo sanno, ma cosa non possono sottovalutare assolutamente? La recente pronuncia della Cassazione, la n. 24477/2025, conferma un principio di matrice fiscale, importantissimo. Si tratta della comproprietà di un’immobile che hanno insieme, situato nello stesso Comune, e in cui si vuole acquistare una nuova abitazione. Ciò preclude l’accesso alle agevolazioni “prima casa”, al di là del regime patrimoniale adottato.

A rispondere ai dubbi in merito a questo espresso, è il quadro normativo vigente. L’imposta di registro ridotto al 2% o all’IVA al 4%, sono disposizioni disciplinate dalla nota II-bis all’art. 1 della Tariffa allegata al DPR n. 131/1986, per cui se se ne vuole beneficiare, l’acquirente non deve essere titolare nemmeno in comproprietà, di diritti reali su altre case a uso abitativo nello stesso Comune.
S’intendono diritti reali di proprietà, usufrutto o abitazione stessa. Quindi, Comunione legale, ordinaria, o separazione dei beni, non cambia. La Cassazione chiarisce che qualsiasi forma di comproprietà, basta a escludere il beneficio fiscale, pure se c’è separazione dei beni. Qual è il motivo di ciò?
Implicazioni pratiche per i coniugi e le agevolazioni sulla prima casa
L’esclusione pocanzi indicata può essere davvero un problema per i contribuenti, infatti occorre spiegare perché qualsiasi forma di comproprietà determina l’esclusione del beneficio fiscale. La risposta è nella presunzione assoluta di destinazione abitativa della casa condivisa, la quale si ritiene idonea a soddisfare esigenze di famiglia!

Si parla di una “titolarità anche parziale”, in merito a un’abitazione nello stesso Comune, a prescindere poi dalla disponibilità materiale o dall’uso effettivo dell’immobile. Quindi, l’unica eccezione ammessa riguarda gli immobili che sono oggettivamente inidonei all’uso abitativo, come quelli indicati come inagibili.
Solo e soltanto in questi casi, la giurisprudenza consente una valutazione più flessibile, ma rimane onere del contribuente, dimostrane l’inidoneità.
Nel pratico, questa interpretazione ha delle conseguenze concrete abbastanza importanti. Tra le implicazioni maggiori c’è ovviamente la decadenza del beneficio e il recupero delle imposte ordinarie. Si concretizzano anche sanzioni e interessi, e la stessa necessità di valutare in maniera preventiva la posizione patrimoniale del nucleo familiare diviene peculiare.
La sentenza conferma quindi un’interpretazione altamente restrittiva dell’agevolazione fiscale, e la giurisprudenza in materia di prima casa viene gestita così.
La sola titolarità formale di una quota immobiliare, pure condivisa con il coniuge quindi, sì, esclude dalla possibilità di avere vantaggi in materia. Cadono tutti i requisiti, per cui prima di agire occorre assolutamente compiere una verifica accurata per procedere con le azioni di acquisto del bene immobile.