Soldi in banca e creditori alle porte: cosa succede quando si tenta di metterli al sicuro? Esistono strategie che sembrano offrire una via d’uscita, ma a ben guardare, potrebbero trasformarsi in un problema ancora più grande.
Non sempre ridurre il denaro sul conto corrente protegge davvero dal pignoramento. Questo articolo entra nel cuore delle soluzioni più discusse, smascherando i lati oscuri di bonifici, cointestazioni e prelievi strategici.
Ci sono momenti in cui la preoccupazione per un debito diventa concreta, soprattutto quando si ha il timore di un imminente pignoramento. È facile pensare di “giocare d’anticipo” e mettere al sicuro i risparmi, ma il rischio di fare una scelta affrettata e controproducente è sempre dietro l’angolo. Molti, ad esempio, credono che basti togliere il denaro dal conto per evitare che venga bloccato. Ma le cose non sono così semplici.
Le banche, infatti, sono tenute a bloccare le somme non appena ricevono l’atto di pignoramento. Da quel momento, il denaro non è più disponibile, e sarà un giudice a decidere cosa ne sarà. Agire prima che ciò accada è possibile, ma bisogna valutare bene i passi da fare. Alcune azioni possono attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, altre dei creditori stessi.
Il prelievo dal conto bancario per evitare un pignoramento è una delle mosse più frequenti. Finché non c’è un atto ufficiale, non esistono limiti legali a questa operazione. Tuttavia, ogni mese si possono prelevare in contanti al massimo 10.000 euro senza giustificazioni; oltre questa soglia, le banche devono registrare e segnalare l’operazione. Questo significa che anche un gesto apparentemente innocuo può finire sotto la lente delle autorità.
Anche l’uso degli assegni circolari, spesso considerati una soluzione “sicura”, può risultare insidioso. Chiederne l’emissione intestandoli a sé stessi o a terzi fidati, senza che vengano incassati, può sollevare dubbi da parte del fisco. La banca registra sempre il beneficiario, e se l’assegno non viene riscosso o viene annullato dopo molto tempo, possono partire controlli. In caso di sospetti, il rischio non è solo fiscale, ma anche penale.
Tra le strategie più discusse c’è quella dei bonifici a persone fidate, per trasferire i soldi altrove. Sulla carta, potrebbe sembrare una buona idea. Ma il beneficiario dovrà spiegare da dove proviene il denaro ricevuto. Se il bonifico viene interpretato come una donazione fatta per sottrarre beni ai creditori, può essere annullato con un’azione revocatoria fino a cinque anni dopo.
Anche la cointestazione del conto non è la scorciatoia che si crede. In teoria, pignorabile è solo la metà delle somme. Ma se il conto è gestito da un solo intestatario, la protezione cade. E se la cointestazione è fatta apposta per proteggere i soldi, può essere vista come una donazione, con conseguenze simili al bonifico.
Il punto è che ogni mossa, se non supportata da motivazioni concrete e documentabili, può creare più problemi che soluzioni. Meglio allora considerare anche strade alternative: un accordo con il creditore, una rateizzazione o, nei casi più complessi, la procedura per il sovraindebitamento, prevista dalla legge e gestita dal tribunale.
In fin dei conti, la vera domanda è: vale la pena rischiare tutto per evitare un pignoramento? Spesso, affrontare il problema alla radice è la scelta più solida, anche se meno immediata.
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