Il sequestro del conto corrente non può essere per intero ma deve tutelare il sequestrato. Ecco cosa ha deciso una recente sentenza.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione la n. 795/2022 della III Sezione penale, si è pronunciata in materia di reati tributari e sequestro del patrimonio della persona sottoposta all’indagine.
In effetti, la Cassazione nel caso di sequestro penale del conto corrente, di un professionista o di un imprenditore, deve considerare e garantire la disponibilità minima per salvaguardare le esigenze di vita del soggetto e della sua famiglia.
Su quest’aspetto la Corte fa una precisazione, la misura di tale limite che dovrà garantire la disponibilità minima, deve formare oggetto di specifica allegazione da parte della difesa dell’interessato. Inoltre, deve essere soggetta a una valutazione da considerare di volta in volta sulla base complessiva la situazione reddituale e patrimoniale della persona.
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La Suprema Corte, dopo aver enunciato il principi del diritto stabilendo i limiti al sequestro per un valore salvaguardare le esigenze di vita dell’imprenditore o professionista e le loro famiglie.
I giudici hanno precisato qual è il limite “minimo vitale” deve essere sottoposto a valutazione di volta in volta sulla base dell’intera situazione patrimoniale e reddituale del professionista o lavoro autonomo che è sottoposto al sequestro preventivo.
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Pertanto, i giudici precisano che tale limite non è oggettivamente determinabile. Ma richiede un’analisi complessiva, valutando tutti gli aspetti patrimoniali e reddituali della persona che è sottoposta al vincolo.
In tal senso si è espressa precedentemente la Corta della Sezione 4, n 3981 del 21 gennaio 2021, Rv 280481-01. Nella sentenza si legge che la verifica deve essere motivata e proporzionale al sequestro preventivo delle somme di denaro disponibili sui conti correnti. Inoltre, si deve considerare la loro provenienza dei soldi in funzione del “quantum necessario a soddisfare le esigenze minime di vita”.
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