Da giovane ho commesso un reato di furto, il nuovo datore di lavoro può scoprirlo e mi può licenziare?

Un vecchio errore può riemergere proprio nel momento meno opportuno, come durante un colloquio di lavoro o una nuova assunzione. È lecito chiedersi se un datore possa accedere alla fedina penale di chi si candida per una posizione o addirittura di un dipendente già assunto. Il tema non riguarda solo la privacy, ma tocca anche il diritto alla seconda possibilità. Se anni fa è stato commesso un reato, come un furto, è giusto che possa pesare ancora sul presente?

Quando si tenta di ricostruire la propria vita dopo un errore, si spera che ciò che conta sia l’impegno attuale, non il passato. Tuttavia, il timore che quel passato possa tornare a influenzare il futuro lavorativo è concreto. In molti casi, ci si chiede se un datore possa accedere direttamente alla propria fedina penale, oppure se si possa essere licenziati per non aver dichiarato vecchie condanne.

colloquio di lavoro
Da giovane ho commesso un reato di furto, il nuovo datore di lavoro può scoprirlo e mi può licenziare?-trading.it

Chi ha avuto una condanna definitiva si ritrova iscritto nel casellario giudiziale, un registro tenuto presso la Procura della Repubblica. Ma questo non significa automaticamente che ogni datore possa consultarlo. La legge prevede regole precise e distinguere tra lavoro privato e pubblico è fondamentale. Così come è importante sapere cosa si può, e cosa non si è tenuti, a dichiarare.

Quando il datore può chiedere la fedina penale

Nel settore privato, il datore di lavoro non ha il diritto di ottenere direttamente il certificato del casellario giudiziale di un dipendente o candidato, salvo eccezioni specifiche. Una di queste riguarda le posizioni che comportano contatti diretti e regolari con minori, come stabilito dall’art. 25 del d.P.R. n. 313/2002. In tali casi, prima dell’assunzione, è obbligatorio verificare l’assenza di condanne per reati particolarmente gravi.

fedina penale
Quando il datore può chiedere la fedina penale-trading.it

Al di fuori di queste situazioni, la fedina penale non può essere richiesta. Un datore non può, per esempio, chiedere a un magazziniere o a un impiegato generico di mostrare il proprio certificato penale. Non si tratta solo di un limite formale: è una tutela che impedisce discriminazioni basate su elementi non rilevanti ai fini professionali.

Nel settore pubblico, invece, l’ente può richiedere un certificato penale selettivo, ma solo se strettamente necessario rispetto alla posizione offerta. Non può essere usato per fare indagini generiche sul passato.

Autocertificazioni, licenziamenti e diritti del lavoratore

Alcuni datori, per aggirare il divieto di accesso diretto al casellario, chiedono al candidato di fornire spontaneamente il certificato penale o di rilasciare un’autocertificazione. Ma anche in questo caso, ci sono dei limiti. Nel privato, non esiste un obbligo legale di fornire tali documenti, e rifiutarsi di farlo non può giustificare un mancato ingresso o un licenziamento.

L’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori vieta qualsiasi indagine su fatti non rilevanti ai fini dell’attività lavorativa. Se, ad esempio, un candidato ha una condanna vecchia e non collegata alla mansione, il datore non può escluderlo per questo motivo senza rischiare una contestazione per discriminazione.

Inoltre, esistono situazioni in cui la condanna non deve nemmeno essere dichiarata. È il caso delle pene patteggiate fino a due anni, dei decreti penali di condanna o delle condanne per cui è intervenuta la riabilitazione. In questi casi, la legge considera la persona come se non fosse mai stata condannata.

È evidente che il passato può pesare, ma solo entro limiti ben definiti. E la possibilità di reinserirsi, anche dopo un errore, è un principio fondamentale che il nostro ordinamento tutela.

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