Un cambio di rotta che promette di far sorridere la busta paga senza toccare le tasse. Restare al lavoro quando si potrebbe già andare in pensione non è più solo una questione di scelta personale: dal 1° settembre 2025 diventa una decisione che può valere quasi il 10 % di stipendio netto in più ogni mese. Un’occasione che sembra irresistibile, ma che apre anche interrogativi su ciò che succederà quando il traguardo della pensione sarà davvero raggiunto.
La scena è chiara: quel 9,19 % che oggi scompare nei contributi all’INPS potrebbe restare in tasca, pronto a essere speso o messo da parte, senza passare dal fisco. Una misura pensata per trattenere chi ha già i requisiti per lasciare il lavoro ma decide di restare, mantenendo competenze ed esperienza sul posto di lavoro.

La notizia corre veloce tra corridoi e mense aziendali, con reazioni opposte: c’è chi intravede un guadagno extra facile e chi teme ripercussioni sulla pensione di domani. L’Italia, intanto, deve fare i conti con un equilibrio fragile tra popolazione attiva che invecchia e nuove generazioni che faticano a entrare stabilmente nel mercato del lavoro.
Il colpo di scena che aumenta lo stipendio senza toccare le tasse: come funziona davvero il bonus Giorgetti
Il cuore dell’iniziativa è un incentivo contributivo che elimina, per chi aderisce, il versamento della propria quota di contributi previdenziali. In pratica, il 9,19 % dello stipendio lordo che oggi finisce all’INPS rimane interamente in busta paga, netto e senza imposte. Per un reddito medio-alto significa oltre 6.900 euro in più all’anno, un incremento che può sfiorare il 10 % dello stipendio mensile.

I beneficiari sono solo due categorie: chi ha già raggiunto i requisiti della Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) e chi ha diritto alla pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne). Serve presentare domanda all’INPS: nel settore privato l’aumento scatterà da settembre 2025, mentre per i dipendenti pubblici slitterà a novembre. I contributi a carico del datore di lavoro continueranno a essere versati regolarmente, così da non cancellare completamente l’accumulo pensionistico. Il vero elemento che rende questa misura unica è l’esenzione fiscale totale, che trasforma l’incentivo in un guadagno immediato e pieno, senza alcuna trattenuta.
Un guadagno oggi, un taglio domani? Le ombre dietro il bonus che fa discutere
Dietro il fascino del bonus Giorgetti si nasconde però un aspetto meno invitante: rinunciare alla quota di contributi personali rallenta la crescita del montante previdenziale. La pensione futura potrebbe così essere più bassa, con riduzioni stimate di 40-60 euro al mese per chi resta nel regime per più anni. Una cifra che, nell’arco di un’intera pensione, può trasformarsi in migliaia di euro in meno.
L’idea non è nuova: ricorda il “bonus Maroni” del 2004, ma oggi guadagna un vantaggio in più grazie alla totale esenzione fiscale. L’obiettivo dichiarato è doppio: trattenere sul posto di lavoro personale esperto e alleviare la pressione sui conti dell’INPS, in un momento in cui il rapporto tra contributi versati e pensioni da pagare è sempre più squilibrato. Tuttavia, la platea dei beneficiari resta limitata e molti lavoratori prossimi alla pensione ne restano esclusi. Più che una riforma strutturale, è un ponte temporaneo, utile per guadagnare tempo e gestire un passaggio delicato.