Dazi al 30% di Trump: le azioni europee che rischiano il crollo

Un terremoto in arrivo potrebbe travolgere alcune delle azioni europee più forti degli ultimi anni. C’è una data precisa da segnare sul calendario e un nome che ha già acceso il panico tra investitori e dirigenti d’impresa. Una decisione annunciata con fermezza, che non lascia spazio a dubbi: nuove tariffe doganali, e stavolta l’impatto potrebbe essere brutale.

I settori più esposti sono tra i più strategici del continente. Il rischio di crolli in Borsa è concreto e l’incertezza continua a dilagare. Tra tensioni politiche e mercati in fibrillazione, una domanda emerge su tutte: cosa accadrà alle grandi aziende europee?

Persona spaventata e con i capelli alzati
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A pochi mesi dall’annuncio ufficiale, la prospettiva di una stangata commerciale sta già producendo effetti reali. Le aziende coinvolte cominciano a fare i conti con nuovi scenari, i bilanci vengono rivisti e il mercato si prepara alla turbolenza. Non si tratta più di previsioni astratte, ma di valutazioni operative. L’Europa si muove tra diplomazia e allerta, mentre le Borse europee restano fragili. L’eco delle dichiarazioni americane si propaga tra investitori e analisti, innescando una corsa al riposizionamento.

BMW, Airbus e Sanofi nel mirino: perché le azioni europee tremano per i dazi al 30%

L’annuncio del presidente Donald Trump sull’introduzione di dazi del 30% su una vasta gamma di prodotti europei a partire dal 1° agosto 2025 ha gettato nel panico i mercati finanziari. Alcune delle azioni più solide del continente sono ora sotto pressione, e i riflettori sono puntati su titoli come BMW, Mercedes-Benz, Volkswagen, Airbus e Sanofi. Questi gruppi, fortemente dipendenti dalle esportazioni verso gli Stati Uniti, rischiano di veder crollare i margini operativi in seguito all’aumento delle barriere commerciali.

Banconote da 100 euro che bruciano
BMW, Airbus e Sanofi nel mirino: perché le azioni europee tremano per i dazi al 30%-trading.it

Nel comparto automobilistico, la Germania è in prima linea. Le esportazioni di modelli premium verso il mercato americano rappresentano una quota rilevante dei ricavi per colossi come BMW e Volkswagen. L’introduzione dei dazi potrebbe tradursi in un forte rallentamento delle vendite, con conseguente calo delle quotazioni in Borsa. Anche Airbus, già reduce da anni complessi, si ritrova di nuovo nel vortice: il confronto diretto con Boeing rischia di diventare ancora più duro, penalizzando uno dei pochi grandi nomi europei nell’aerospazio.

Nel settore farmaceutico, gli occhi sono puntati su aziende come Sanofi, che esportano direttamente o indirettamente una parte importante della produzione verso gli USA. Le filiali irlandesi di molte multinazionali, cuore dell’industria farmaceutica europea, sono particolarmente esposte e potrebbero subire contraccolpi pesanti. In parallelo, il settore tecnologico e dei semiconduttori osserva con preoccupazione i movimenti: produttori di componenti come Infineon temono blocchi nelle forniture e riduzione dei volumi.

Europa sotto assedio: da BASF a Infineon, cosa rischia davvero se i dazi USA diventeranno realtà

Oltre ai big dell’automotive e dell’aerospazio, anche gruppi attivi nei materiali industriali e nella chimica si trovano su un terreno minato. Titoli come BASF, esposti in modo sensibile al mercato americano, temono ripercussioni dirette su contratti già in essere. La prospettiva di dover rinegoziare prezzi o volumi, o peggio, perdere intere commesse, pesa sulle strategie di medio termine.

Anche il settore energetico e delle materie prime vive una fase ambivalente. Alcune aziende, come TotalEnergies o Glencore, hanno finora tenuto meglio in Borsa, grazie al rialzo dei prezzi delle commodity. Ma la loro tenuta potrebbe essere effimera se la crisi commerciale dovesse allargarsi ad altri settori. Intanto, il mercato valutario registra un indebolimento del dollaro, che rischia di penalizzare ulteriormente le aziende europee sui prezzi di esportazione.

Sul fronte politico, la Commissione Europea cerca un equilibrio delicato: evitare una guerra commerciale aperta ma difendere le filiere strategiche del continente. Entro fine luglio si deciderà se aprire un negoziato o assistere all’entrata in vigore dei dazi. Senza un accordo, si prevede una possibile escalation con misure simmetriche su prodotti americani. Gli analisti avvertono: se scatterà la reazione a catena, anche aziende come Stellantis, Heineken o Nestlé potrebbero subire danni indiretti.

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