Sollievo sulle Borse dopo le minute della Fed, rassicura l’assenza di novità sulla politica monetaria della banca centrale.
Il cambiamento più notevole è la crescente accettazione in pochi mesi del fatto che la crescita sarà sacrificata per combattere l’aumento dei prezzi.
Per alcuni investitori il male minore sul breve termine può valere il prezzo di una crisi dopo la quale le condizioni economiche e le borse possono avere spazio per tornare a crescere. Una Fed focalizzata sulla lotta all’inflazione sembra essere un segnale di coerenza. Ieri il Dow Jones è salito dello 0,22%, lo S&P dello 0,36% e il Nasdaq ha guadagnato lo 0,35%.
La maggior parte degli esperti coinvolti nelle decisioni di politica monetaria della Fed si aspetta misure ancora più aggressive dalla scelta di metà giugno. Il mese scorso l’istituzione ha alzato i tassi di 75 punti, al nuovo range compreso tra l’1,50% e l’1,75%, procedendo alla stretta monetaria più forte dal 1994.
Dai verbali diffusi nella serata di ieri, è emerso che, un aumento di 50 o di 75 punti base sarebbe “probabilmente appropriata” a fine luglio. Il 26 e il 27 di questo mese nuovi aumenti cercheranno di garantire progressi nella direzione auspicata. L’obbiettivo è probabilmente raggiungere un livello di tassi di interesse finale del 3,5%.
Accade lo stesso in Ue dove la Bce è pronta a rialzare i tassi di un quarto di punto a luglio, con un rialzo di 50 punti base atteso a settembre e altri due incrementi di 25 punti base a novembre e dicembre. Tra i maggiori elementi di preoccupazione la curva dei rendimenti Usa che rimane invertita per il secondo giorno consecutivo. Il tasso a 2 anni sale al 2,96% e quello del titolo a 10 anni avanza ma resta solo al 2,91%. Un segnale che gli investitori si aspettano una recessione nel prossimo futuro.
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