L’Istat svela un dato economico sconvolgente: gli italiani hanno parcheggiato 1.593 miliardi di euro in conti correnti, un risparmio inutilizzato che erode il potere d’acquisto. La propensione al risparmio è in crescita, ma le famiglie tagliano i consumi reali per incertezza. Scopri perché l’aumento del reddito disponibile si traduce in una liquidità record che, lasciata ferma, non produce valore.
L’economia italiana si trova di fronte a un paradosso sempre più evidente: le famiglie italiane mostrano una propensione al risparmio in decisa ascesa, un segnale di cautela che però frena la ripresa interna. Secondo quanto certificato dall’Istat, la propensione al risparmio è cresciuta al 9,5% nel secondo trimestre del 2025, segnando un aumento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. Questa dinamica, che l’Istat osserva “lenta ma pressoché ininterrotta” dal primo trimestre 2023, si accompagna a una sostanziale stasi dei consumi. Il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dello 0,8%, ma i consumi finali sono cresciuti solo dello 0,5%.

L’effetto combinato di inflazione e rallentamento dei consumi è ben visibile: sebbene il potere d’acquisto sia nominalmente aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, in termini “reali” è diminuito dello 0,2% nel secondo trimestre 2025, come confermato da diverse analisi, tra cui il report Istat sul «Conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie, profitti delle società». Questa cautela è, secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio, un “segnale preoccupante” che si consolida da ben sette trimestri, evidenziato anche dal calo delle vendite al dettaglio registrato ad agosto dello 0,1%.
La montagna inutilizzata: 1.593 miliardi fermi in liquidità
La conseguenza più lampante di questa prudenza è l’accumulo “abnorme” di liquidità sui conti correnti. I dati macroeconomici analizzati da Ener2Crowd, in collaborazione con dati Banca d’Italia e Crif, stimano che sui conti correnti degli italiani si siano accumulati ben 1.593 miliardi di euro. Questa gigantesca somma di denaro resta in gran parte inutilizzata e, di fatto, soggetta all’erosione dell’inflazione, mentre la quota di ricchezza investita in attività finanziarie vere e proprie si ferma a circa 1.079 miliardi di euro.

La liquidità in eccesso, come sottolinea anche CrowdFundMe, si traduce in una perdita di opportunità, poiché il capitale resta “parcheggiato” senza generare rendimenti superiori all’inflazione. In un contesto di inflazione al +1,7% (dato IPCA di maggio 2025, con correzione Istat di luglio 2025), lasciare somme ingenti sul conto corrente ha un costo implicito notevole. Per esempio, l’imposta di bollo, che ammonta a 34,20 € per le persone fisiche con giacenza media superiore a 5.000 €, è solo una piccola parte del danno reale causato dall’immobilismo.
Incertezza e consumi: i motivi della frenata economica
La tendenza a risparmiare di più a discapito dei consumi ha radici profonde che vanno oltre la semplice inflazione. Il calo della fiducia dei consumatori, osservato anche a settembre 2025 dall’Istat, è un fattore determinante. Come rilevato da Confcommercio, l’incertezza dovuta alle spese obbligate (bollette e tasse), alla contrazione dei redditi e alla necessità di accantonare risorse per imprevisti spinge la maggioranza degli italiani a contenere la domanda di beni tradizionali. Secondo Sky TG24, la spesa per consumi delle famiglie risulta inferiore del -9% rispetto al periodo pre-Covid, con tagli drastici su voci come oli e grassi (-36%) e vegetali (-21,5%).
Nonostante ciò, si nota una resilienza in alcuni settori: cresce la spesa per servizi ricettivi e di ristorazione (+2,8% rispetto al pre-Covid) e le intenzioni di spesa sono più alte per la tecnologia e gli elettrodomestici, secondo dati Confcommercio Ravenna. Questo suggerisce un cambiamento nella composizione dei consumi, dove le famiglie scelgono di sacrificare i beni essenziali in favore del tempo libero e della modernizzazione, pur mantenendo un atteggiamento estremamente prudente sulla gestione della loro liquidità.