Un lunedì come tanti può trasformarsi in una valanga finanziaria. Un venerdì all’apparenza tranquillo può chiudersi con titoli in caduta libera e operatori in preda al panico. E non si tratta di casi isolati. I cosiddetti “lunedì neri” e “venerdì neri” sono diventati simboli di giornate in cui i mercati finanziari sembrano perdere completamente il controllo.
Ma cosa succede realmente quando l’euforia o la paura prendono il sopravvento? E perché certi giorni diventano vere e proprie pietre miliari nella memoria collettiva degli investitori?

C’è qualcosa di affascinante e inquietante al tempo stesso nelle dinamiche di mercato durante queste giornate estreme. È come se la razionalità lasciasse spazio a una forza invisibile e travolgente. Gli algoritmi non bastano, i fondamentali non contano più. Tutto si riduce a una reazione emotiva collettiva. Bastano poche ore per cambiare il corso di intere settimane. E non serve essere trader per subirne gli effetti: pensioni, investimenti, persino valute ne risentono. Chiunque, anche indirettamente, è toccato dalle onde d’urto di quelle giornate che restano nella storia.
Il panico e l’euforia che mandano in tilt i mercati
Quando la paura prende il sopravvento, i mercati iniziano a vendere in modo quasi automatico. Nessuno aspetta conferme, tutti vogliono liberarsi di quello che hanno. È il momento dei crolli improvvisi, della volatilità che schizza alle stelle, degli ordini annullati e dei compratori che spariscono. I venditori diventano la maggioranza schiacciante. A quel punto, entrano in gioco i “circuit breakers”, meccanismi di emergenza che bloccano temporaneamente gli scambi per evitare il collasso totale.

In quei momenti, gli indicatori tecnici vanno fuori scala. L’RSI tocca valori estremi, i prezzi bucano le bande di Bollinger, i volumi esplodono. Eppure, proprio nell’eccesso di panico si possono nascondere segnali di inversione. Non di rado, giornate di panico estremo corrispondono ai minimi di periodo. Ma serve sangue freddo per riconoscerli in tempo reale.
Al contrario, quando domina l’euforia, tutto sale. Le notizie positive fanno da innesco, e il resto è una corsa sfrenata. A volte basta un annuncio politico, una promessa economica o l’effetto FOMO, la paura di restare fuori dai guadagni, per spingere gli investitori ad acquistare in massa. I prezzi si impennano anche senza un reale supporto nei fondamentali. E proprio come accade nel panico, anche in queste fasi di entusiasmo si rischia di esagerare. L’eccesso, in un senso o nell’altro, non dura mai troppo.
Quando un giorno qualunque diventa una data storica
I lunedì neri sono il risultato di tensioni che esplodono dopo un weekend d’incertezza. Il caso più famoso è quello del 19 ottobre 1987: il Dow Jones perse oltre il 22% in una sola giornata. Non fu causato da un evento preciso, ma da un accumulo di paure. Gli operatori, tornati in Borsa il lunedì mattina, si ritrovarono davanti a un’ondata di vendite senza precedenti.
Anche i venerdì neri hanno fatto scuola. Il 24 ottobre 1929 segna l’inizio del crollo di Wall Street che avrebbe portato alla Grande Depressione. Quel giorno, la Borsa americana andò in tilt per la troppa pressione di vendita. Gli operatori non riuscivano a smaltire gli ordini, e il panico si diffuse a macchia d’olio. Il nome “Black Friday” in quel contesto non ha nulla a che fare con gli sconti: rappresenta un vero disastro finanziario.
Queste giornate estreme, al di là dei numeri, mostrano quanto il mercato sia una creatura emotiva. Non basta guardare i grafici per capire cosa sta per accadere. Bisogna leggere tra le righe, interpretare i segnali, ascoltare il “sentiment”. Perché quando tutti vendono o tutti comprano, forse è il momento di fare l’opposto. Ma il coraggio, in finanza, non è mai scontato.