Si può davvero essere costretti a usare le ferie per assistere un familiare disabile? Una sentenza della Cassazione risponde con fermezza. Chi lavora e vive situazioni delicate legate alla disabilità ha già abbastanza difficoltà da affrontare. Quando, però, anche i diritti garantiti dalla legge vengono messi in discussione, allora è il momento di chiarire. La Legge 104 torna al centro dell’attenzione grazie a una recente pronuncia che blocca una pratica scorretta, troppo diffusa nel mondo del lavoro. Il punto chiave? I permessi non possono essere scambiati con giorni di vacanza, nemmeno sotto pressione aziendale.
Nel cuore delle aziende, tra turni serrati e organici ridotti, accade spesso che le necessità familiari vengano viste come un ostacolo alla produttività. Le richieste di permessi retribuiti Legge 104 finiscono per essere malviste, a volte persino ostacolate.

Si fa strada allora una prassi pericolosa: proporre ai dipendenti di consumare ferie al posto dei permessi previsti per legge. Una scorciatoia che, seppur mascherata da “necessità organizzativa”, mina un diritto fondamentale e non negoziabile.
Chi si prende cura quotidianamente di una persona con disabilità grave lo sa bene: quei tre giorni al mese non sono un lusso, ma una boccata d’aria per non crollare. La legge li ha pensati proprio per questo, e datempo è arrivato un chiaro stop da parte della magistratura.
I permessi Legge 104 non si toccano: la Cassazione difende il diritto di assistere senza sacrificare le ferie
La sentenza 14468/2018 della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio che non dovrebbe più essere messo in discussione: i permessi previsti dalla Legge 104 non possono essere sottratti o sostituiti con ferie obbligate. Non è una questione di interpretazione. È una violazione. La Corte ha chiarito che costringere il lavoratore ad “assorbire” i permessi nei giorni di ferie significa annullare un diritto specifico, che ha origine in una legge speciale e in una finalità sociale ben precisa.

Il messaggio è inequivocabile: i permessi 104 servono a garantire un supporto concreto e costante alla persona disabile. Non possono essere trattati come giorni liberi qualunque. La Legge 104 è costruita sull’idea di solidarietà e assistenza, ed è legata a situazioni che non possono essere rinviate o sospese.
Altre sentenze lo hanno già detto e ribadito: i permessi devono essere retribuiti, conteggiati per la tredicesima e non incidere negativamente sul piano ferie. Ogni tentativo di “rimodularli” a vantaggio dell’organizzazione aziendale costituisce una compressione illecita dei diritti. In questo contesto, il datore di lavoro non ha margine: i permessi non si discutono, si garantiscono.
Trasferimento vicino al familiare con disabilità? È un diritto sì, ma solo se non danneggia l’azienda
Accanto ai permessi, c’è un altro punto spesso dibattuto: la possibilità di richiedere una sede di lavoro più vicina al proprio familiare disabile. Anche qui la Legge 104 interviene, ma con una formula diversa. L’articolo 33 stabilisce che il lavoratore può chiedere il trasferimento “ove possibile”, una clausola che apre a valutazioni più ampie.
Secondo la giurisprudenza, questo diritto deve essere esercitato senza creare gravi squilibri nell’organizzazione aziendale. Se la sede più vicina comporta costi o disagi insostenibili per l’impresa, il trasferimento può non essere concesso. La tutela esiste, ma non è assoluta.
Anche in questo caso emerge il principio dell’equilibrio. Il lavoratore ha diritto alla tutela, ma questa va bilanciata con il contesto produttivo. Un messaggio di realismo e responsabilità reciproca, che non annulla il diritto, ma lo incastra in un quadro più ampio.