Affitti non pagati, ma le tasse arrivano puntuali? C’è un modo per non rimetterci. In tanti lo ignorano e finiscono per pagare più del dovuto. Per chi affitta un immobile, c’è una legge che può fare davvero la differenza, ma solo se si conoscono i passaggi giusti. Questa possibilità può cambiare tutto per chi si trova stretto tra morosità e obblighi fiscali. Nessun trucco, solo un diritto che spesso resta nel cassetto. Eppure, il rimedio c’è, funziona e può alleggerire il peso delle imposte su affitti mai incassati. Vale la pena capirci qualcosa in più.
Quando un affitto si trasforma in un silenzio, i problemi non riguardano solo le mancate entrate. Il Fisco, infatti, non si ferma davanti ai ritardi degli inquilini. Anche se i soldi non arrivano, il proprietario è chiamato a dichiarare quei canoni come se li avesse regolarmente incassati. Un paradosso che sa di beffa e che rischia di trasformare un investimento immobiliare in un costo secco.

Chi si trova in questa situazione spesso si sente impotente. Si pagano le tasse su un reddito mai ricevuto e, nel frattempo, si affrontano le spese dell’immobile. Ma una norma precisa viene incontro ai locatori in difficoltà: l’articolo 26 del TUIR consente, in determinate condizioni, di recuperare le imposte sui canoni di locazione non percepiti. Un dettaglio legale che pochi conoscono ma che può rappresentare una svolta concreta.
Pagare le tasse su affitti non ricevuti non è sempre obbligatorio: ecco quando la legge tutela il proprietario
Fino a pochi anni fa, per ottenere la detassazione dei canoni non riscossi, bisognava attendere la fine del processo di sfratto. Un’attesa lunga e, spesso, economicamente insostenibile. Ma dal 2019, grazie al Decreto Crescita, la normativa è cambiata: già a partire dalla notifica dell’intimazione di sfratto o dell’ingiunzione di pagamento, quei redditi possono diventare fiscalmente irrilevanti. A patto che il procedimento si chiuda con una convalida o con un provvedimento equivalente.

In pratica, se l’inquilino è moroso e il locatore si muove per vie legali, può evitare di dichiarare quegli importi non ricevuti. E se le imposte sono già state versate, la legge consente di ottenere un credito d’imposta pari a quanto pagato, sia con cedolare secca che con tassazione ordinaria. Questo credito può essere usato nella prima dichiarazione utile o richiesto a rimborso entro dieci anni.
Naturalmente, la documentazione è tutto: serve conservare copia degli atti giudiziari, dei contratti e delle ricevute. Solo così sarà possibile far valere i propri diritti. E non si tratta solo di recuperare somme ingiustamente versate, ma anche di ristabilire un principio di equità fiscale, spesso ignorato.
Un esempio che mostra quanto si può davvero recuperare: la storia di un proprietario che si è mosso al momento giusto
Immaginiamo un proprietario che affitta il suo appartamento per 750 euro al mese. Da aprile a dicembre l’inquilino non paga. Nel frattempo, il locatore ha versato le imposte su tutto l’anno. A inizio dell’anno successivo avvia lo sfratto e ottiene la convalida in autunno. Risultato? Può recuperare le imposte versate su 9 mesi non incassati, cioè 6.750 euro, e ottenere un credito d’imposta di 1.417 euro con la cedolare secca.
Questo credito può essere indicato nella dichiarazione o richiesto a rimborso. E se un giorno quei canoni venissero finalmente pagati, il proprietario dovrà solo inserirli nel reddito dell’anno di effettiva percezione. Una formula semplice ma equa, che evita il paradosso di pagare su qualcosa mai ricevuto.