Come devono comportarsi gli eredi, aprire la Partita Iva del deceduto il primo passo, cosa dice la normativa.
Alla morte di un professionista ci sono degli obblighi fiscali e civilistici legati alla sua Partita IVA. Questi non cessano automaticamente, ma si trasferiscono agli eredi. Lo ha confermato sia l’ADE che la stessa giurisprudenza. Ciò è indicato nelle risposte negli interpelli n. 785/2021 e n. 118/2025.

Dalla normativa, l’art. 35-bis, DPR 633/1972, si esaurisce una prassi definitiva. Esse determinano che fino alla chiusura effettiva di tutte le pendenze, per compensi da incassare e prestazioni ultimate, ma non fatturate, la partiva IVA del professionista, non la si può definire “cessata”, se questa è stata chiusa in anticipo e non sopraggiungono incassi postumi.
Gli eredi devono riaprire la Partita Iva e mantenerla aperta in casi specifici. Quando ci sono compensi maturati, ma non incassati, per prestazioni rese dal professionista prima della morte. All’esistenza di fatture non ancora emesse e legate a prestazioni poste prima del decesso. Davanti fatture con IVA e esigibilità differita, tipico dei rapporti con PA e IVA data solo al pagamento della fattura.
Esaurite queste operazioni, si può chiudere. Tra gli adempimenti c’è la presentazione della dichiarazione di cessazione di attività all’ADE entro 30 giorni dal decesso mediante modello AA9, ammenoché non ci siano pendenze. Segue la fatturazione delle prestazioni ultimate, ma non fatturate, mediante la P.IVA del de cuius, anche se chiusa: va riattivata.
Ancora registrare, liquidare e versare l’IVA per le operazioni residue, e dichiarare i compensi riscossi prima del decesso e anche dopo in proporzione alle loro quote ereditarie.
Indicazioni operative per gli eredi che devono riaprire la Partita Iva del deceduto
Per gli adempimenti fiscali, compresi dichiarazione IVA e liquidazione imposte, si assolvono entro sei mesi dal decesso, per tutte quelle scadenza che sarebbero maturate nei quattro mesi precedenti o successivi alla morte. Ecco come gli eredi devono riaprire la partita iva del deceduto, senza fare errori.

La fattura per i compensi post-mortem va intestata al defunto, non all’erede e con la sua P.IVA. Ancora se questa era stata chiusa, si riapre per poter emettere la fattura e versare l’eventuale IVA anche dopo anni dal decesso. Per quei compensi soggetti a IVA, l’erede incassa il lordo, emette la fattura e provvede al relativo versamento dell’imposta.
Davanti incassi da PA, se la fattura era con IVA e con esigibilità differita e non ancora incassata, rimane l’obbligo agli eredi. Questi curano le dichiarazioni fiscali come Redditi PF, quadro Re per ciò che era stato incassato dal professionista e quadro RM per la quote ereditate e incassate dopo.
La Circolare n. 11/E/2007 e la risoluzione n. 232/E/2009 indicano che l’attività si considera cessata solo quando finiscono le operazioni fiscali legate ad essa. Gli interpelli dell’ADE come la risposta n. 785/2021 e la n. 118/2025, ribadiscono la necessità di riaprire la P.IVA se ci sono nuove somme da incassare legate a prestazioni ante decesso.
La Cassazione alla sent. 8059/2016 conferma la funzione giuridica del proseguo dell’attività ai soli fini fiscali fino all’esaurimento degli adempimenti.