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Green Pass e mondo del lavoro: come fanno all’estero? Gli esempi di Google e Walmart

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La crisi sanitaria ci ha messo di fronte a nuovi limiti e a nuove soluzioni, per affrontare la necessità degli spostamenti quotidiani e di contatto con il prossimo.

Sono stati messi in evidenza limiti anche psicologici a mantenere un impegno lavorativo svolto completamente in remoto: una modalità che si è rivelata poco sostenibile date le difficoltà dei dipendenti a concentrarsi sul lavoro solo durante le ore d’ufficio. Gli effetti sulla produttività e sulla resilienza dei lavoratori si sono manifestati anche riguardo alla possibilità che un ambiente sociale offre in relazione all’apprendimento, allo stimolo reciproco e alla propria identità lavorativa in relazione al ruolo assegnato. Queste variabili sono elementi che richiedono tempo e spirito di adattamento per poter essere compensate e garantire l’efficienza e la produttività.

Questa consapevolezza ha portato importanti multinazionali come Microsoft, a regolare il ritorno dei propri dipendenti in ufficio tramite l’obbligo della vaccinazione contro il Covid-19, limitatamente per ora nelle sedi dell’azienda che si trovano nel territorio degli Stati Uniti. Le variabili del Coronavirus divenute particolarmente virulente necessitano di prese di posizione piuttosto rigide, tuttavia diversamente da quello che accade nel nostro paese, negli Stati Uniti chi decide di non sottoporsi alla vaccinazione non va incontro a limitazioni nei movimenti e nelle attività.

È un esempio in questo senso Walmart, la più grande catena di negozi al dettaglio della grande distribuzione USA, che è attualmente anche la più grande compagnia per numero di impiegati nel Paese, che ha deciso di incentivare positivamente l’immunizzazione dei propri dipendenti con 150 dollari in contanti e l’obbligo per i commessi di non indossare le mascherine. Il ritorno agli uffici posticipato agli inizi di ottobre prevederà l’obbligo di mostrare una prova documentale dell’avvenuta vaccinazione anche per i dipendenti di Google e Facebook.

Come è cambiato l’accesso al lavoro in Italia con la pandemia?

In Italia la modalità lavorativa ibrida, svolta quindi sia in smartworking che in presenza, riguarderà più di un terzo di tutti i lavoratori sul territorio e sembra comunque venire apprezzato dal 73% di coloro che hanno modo di continuare il proprio lavoro a distanza.

In questo momento sulle spalle dei lavoratori regna ancora una grande incertezza, soprattutto rispetto al reddito nell’immediato futuro. Questo sta pesando in particolar modo sul settore turistico. L’incertezza frena i progetti e molte delle spese nel settore, coloro che sono sicuri di dover rinunciare alle vacanze secondo un recente sondaggio condotto dall’istituto di credito illimity, su un campione di persone compreso tra i 18 e i 65 anni, sono almeno il 21%, con la metà di questi che motiva la scelta per ragioni economiche.

A partire da settembre vi sarà inoltre una piccola percentuale di italiani, pari almeno al 7% che lavorerà completamente in smart working, mentre per due terzi continuerà la modalità di lavoro ibrida fino a nuove disposizioni o la sicurezza dell’interruzione nell’evoluzione della crisi.

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L’Italia data la gestione dell’emergenza nei territori e il cambiamento nella possibilità di spostamento da un periodo all’altro con differenze tra le regioni, realizza di fatto una situazione nella quale le grandi aziende, soprattutto quelle di carattere interregionale, sono obbligate a fare pressione sui dipendenti per svolgere una parte del lavoro da casa o considerare il vaccino come requisito obbligatorio per poter accedere alla propria mansione lavorativa.

Andrea Carta

Ha studiato Analisi Tecnica dei mercati finanziari e ha svolto la professione di trader indipendente fino al 2019. Appassionato di letteratura e scrittura creativa, concilia le sue conoscenze ed esperienze scrivendo articoli in tema finanziario, socio economico e politico

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