Oltre all’indennità di accompagnamento, ti spettano altri 870 euro al mese, ma solo se paghi una badante con contratto. Non è uno slogan, è realtà. La nuova prestazione universale per over 80 non autosufficienti è una misura importante, ma nasconde una condizione che pochi conoscono: o dimostri le spese tracciate, o perdi i soldi. Ecco perché questa svolta potrebbe cambiare tutto, anche per chi assiste i propri cari da anni.
Ti è mai capitato di dover scegliere tra lavorare o prenderti cura di un genitore anziano? O di dover mettere da parte tutto per pagare una badante, magari in nero, perché “così si risparmia”? In Italia, è la normalità. Migliaia di famiglie fanno salti mortali per assistere i propri cari. Finalmente qualcosa si muove: lo Stato ha introdotto una misura pensata proprio per le persone più fragili. Ma non è tutto così semplice.

Quella cifra che gira, 870 euro al mese, è reale, sì, ma solo pochi potranno riceverla davvero. E tra questi, ancora meno sanno cosa bisogna fare per avere la parte più corposa del beneficio. Perché oltre ai requisiti anagrafici e reddituali, c’è una condizione fondamentale che rischia di sfuggire: il lavoro di cura deve essere in regola. Nessun contratto, nessuna fattura? Nessun euro in più.
La prestazione universale c’è, ma richiede trasparenza
La prestazione universale per anziani over 80 non autosufficienti è stata introdotta dalla Legge 33/2023 e riguarda chi ha compiuto almeno 80 anni, ha un ISEE inferiore a 6.000 euro e vive una condizione di non autosufficienza gravissima. In pratica, è rivolta a chi non riesce più a gestirsi da solo e necessita di assistenza continua.

Chi soddisfa questi requisiti riceve una quota base di circa 570 euro, corrispondente all’indennità di accompagnamento. Ma la parte davvero interessante è la quota integrativa fino a 850 euro mensili, che eleva il totale a 1.420 euro. È qui che entra in gioco il dettaglio meno noto: questa cifra aggiuntiva non si ottiene in automatico. Serve documentare le spese sostenute per l’assistenza.
In altre parole, devi dimostrare che paghi una badante con un contratto regolarmente registrato all’INPS o che usufruisci di servizi professionali (come OSS o cooperative), con fatture elettroniche. Senza questa documentazione, non riceverai nemmeno un centesimo della quota integrativa. E l’INPS, giustamente, fa controlli.
È una misura che non solo sostiene le famiglie, ma spinge alla regolarizzazione del lavoro domestico, in un settore dove il sommerso è la regola. Chi si affida ancora al nero rischia di perdere un aiuto concreto. Per molti sarà una scelta difficile: regolarizzare e ottenere un rimborso, oppure continuare come prima e rinunciare ai soldi.
Tutto si gioca sulla tracciabilità delle spese
Per presentare la domanda, serve accedere al portale INPS con SPID, CIE o CNS. Chi non è pratico di strumenti digitali può rivolgersi ai patronati. La documentazione richiesta è precisa: certificazione dello stato di bisogno gravissimo, DSU valida, e, per ottenere la quota integrativa, contratti, buste paga, fatture. Ogni mese.
Il messaggio INPS 1401/2025 lo chiarisce: se anche solo un mese manca la documentazione, non verrà pagato l’arretrato. E in caso di falsi o irregolarità, si rischia di dover restituire tutto.