Chi pensa che la pensione sia un traguardo uguale per tutti forse non ha ancora visto cosa può cambiare con una semplice domanda. Una possibilità poco conosciuta, ma reale, permette a certe categorie di migliorare concretamente l’assegno mensile.
In un mondo dove ogni contributo pesa, questa opzione può fare la differenza tra una pensione giusta e una deludente. Non è una formula magica, né un errore da correggere, ma un’opportunità prevista dalla legge e riconosciuta dall’INPS. Un’occasione che vale soprattutto per chi ha affrontato il doppio impegno di lavoro e famiglia.
L’aspetto più sorprendente? Non serve un cambiamento normativo per ottenerla, ma solo consapevolezza e un pizzico di strategia previdenziale.

Quando si parla di pensione, spesso si pensa a una procedura automatica: si raggiunge l’età prevista, si smette di lavorare e si riceve un assegno calcolato secondo regole fisse. Eppure, dietro le formule dell’INPS, esistono delle opportunità poco conosciute che possono influenzare in modo significativo l’importo della pensione.
In particolare, alcune donne possono accedere a un calcolo più vantaggioso della pensione. Non si tratta di un’eccezione straordinaria, ma di una possibilità concreta e regolamentata, che consente di migliorare il risultato finale a parità di contributi. Questa opzione non comporta sacrifici aggiuntivi, ma si fonda su un riconoscimento: il valore del lavoro familiare svolto accanto all’attività professionale.
Il calcolo contributivo può essere più favorevole di quanto si pensi
Il sistema pensionistico italiano si basa su regole molto precise. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 rientra nel sistema contributivo, dove l’assegno è determinato dai contributi versati e dall’età di uscita dal lavoro. Non esiste una libertà totale nella scelta del metodo di calcolo, salvo alcuni casi specifici.

Tra questi rientra una possibilità poco nota, prevista dalla legge di Bilancio 2022, che consente ad alcune lavoratrici di ottenere un ricalcolo più vantaggioso. Il principio è semplice: chi ha avuto figli può richiedere che l’INPS applichi un coefficiente di trasformazione più favorevole, cioè quello previsto per un’età anagrafica più alta, anche se si va in pensione prima.
Facciamo un esempio. Una lavoratrice che ha iniziato a versare contributi dopo il 1995 e ha due figli, se si pensiona a 64 anni, può chiedere che venga applicato il coefficiente di 65 anni. Questo perché i coefficienti aumentano con l’età, quindi l’importo dell’assegno risulta più elevato. Lo stesso vale per chi ha tre figli o più, con possibilità di usare i coefficienti dei 66 o 69 anni, a seconda della situazione. È importante sottolineare che questa opzione non è automatica, ma va richiesta esplicitamente.
Lavoratrici con figli: come aumentare la pensione con una semplice scelta
Questa opportunità è rivolta esclusivamente alle donne che rientrano nel sistema contributivo puro, ovvero quelle con il primo contributo dopo il 31 dicembre 1995. Per loro, la maternità non è solo un capitolo personale, ma anche un fattore che può incidere positivamente sull’assegno previdenziale. L’INPS riconosce questo diritto attraverso una procedura di ricalcolo che premia chi ha affrontato l’impegno della genitorialità.
Una lavoratrice con tre figli, che decide di ritirarsi a 64 anni, può chiedere che il suo assegno venga calcolato con il coefficiente previsto per i 66 anni. Questo significa un incremento che può superare anche il 5% del valore mensile. Un vantaggio significativo, ottenibile senza ulteriori anni di lavoro o contributi aggiuntivi.
Va ricordato che per accedere a questo beneficio serve una domanda formale all’INPS, accompagnata dalla documentazione relativa alla genitorialità. Non si tratta di una scorciatoia, ma di un’opportunità prevista dalla legge e spesso ignorata, anche da chi avrebbe pieno diritto a beneficiarne. Conoscere questa norma può davvero fare la differenza per molte lavoratrici, che altrimenti rinuncerebbero a un incremento legittimo della propria pensione.