Una telefonata, una notizia inattesa, una perdita che lascia vuoti incolmabili. In quei momenti, oltre al dolore, arriva anche la necessità di affrontare la realtà pratica. “Ho diritto alla pensione di reversibilità?” è una domanda che si fa strada tra le carte e le emozioni. Un interrogativo legittimo, spesso sottovalutato, che può determinare un aiuto concreto nel quotidiano. Capire come funziona questa prestazione è importante, soprattutto quando ogni dettaglio può fare la differenza.
La pensione ai superstiti non è un regalo dello Stato, ma un diritto che spetta a chi resta. Eppure, molti non sanno se ne hanno effettivamente titolo, o quali documenti devono preparare. Ci si trova spesso a navigare tra norme, requisiti e richieste dell’INPS senza avere una guida chiara. Eppure, sbagliare anche un solo passaggio può significare vedersi respingere la domanda o ricevere un importo inferiore al dovuto.

La sensazione di smarrimento è comune. Quando viene a mancare un familiare, si aprono scenari nuovi e complessi. Non si tratta solo di trovare conforto, ma anche di affrontare aspetti materiali essenziali per mantenere l’equilibrio familiare. In questi casi, la pensione ai superstiti può rappresentare un sostegno economico indispensabile. Tuttavia, ottenere questo diritto implica conoscere bene le regole del gioco.
Chi può richiedere la pensione di reversibilità e in quali situazioni è prevista
La pensione ai superstiti può essere riconosciuta come reversibilità se il defunto era già pensionato, o come pensione indiretta se stava ancora lavorando ma aveva almeno 15 anni di contributi o 5 anni, di cui 3 versati nei cinque anni precedenti al decesso.

Ne hanno diritto il coniuge superstite, anche se separato legalmente, e il coniuge divorziato se riceve l’assegno divorzile. I figli possono ottenere la prestazione fino a 18 anni, o oltre se studenti o inabili. In assenza di coniuge e figli, possono beneficiarne i genitori over 65 non pensionati e a carico del defunto. In mancanza anche di questi, il diritto può spettare a fratelli e sorelle non sposati, inabili e fiscalmente a carico.
Un caso pratico aiuta a chiarire: un ex coniuge divorziato che percepisce un assegno mensile può accedere alla pensione, ma solo se non si è risposato. Oppure, un figlio universitario a carico del genitore deceduto ha diritto a ricevere il trattamento fino a 26 anni.
Documenti necessari e calcolo dell’importo della pensione
La domanda va presentata all’INPS, con documentazione completa. Servono: certificato di morte, certificato di matrimonio, stato di famiglia, documento di identità del richiedente e del defunto, eventuale sentenza di separazione o divorzio, dichiarazione dei redditi, visure catastali e IBAN.
La pensione decorre dal primo giorno del mese successivo al decesso. L’importo varia in base ai familiari beneficiari: al coniuge spetta il 60% della pensione del defunto; con un figlio, l’80%; con due o più figli, il 100%. Se i beneficiari sono figli soli, si va dal 70% al 100%. Per genitori, fratelli o sorelle la quota individuale è del 15%.
L’INPS tiene conto anche dei redditi del richiedente. Per il 2024, se i redditi superano i 23.345,79 euro, si applicano decurtazioni progressive fino al 50%. Tuttavia, non sono previsti tagli se nel nucleo ci sono figli minori, studenti o inabili. La Corte Costituzionale ha inoltre stabilito che le decurtazioni non possono mai superare il valore effettivo dei redditi.
In un momento così delicato, conoscere i propri diritti e muoversi con precisione può fare la differenza. Valutare attentamente ogni elemento diventa essenziale, perché dietro ogni pratica c’è un sostegno concreto per chi resta.