Non sempre è solo intuito. Ci sono dei periodi dell’anno in cui le Borse si comportano in modo sorprendentemente prevedibile. E se ti dicessero che alcuni mesi portano più profitti di altri, ti sembrerebbe una favola?
Eppure ci sono dati reali che tracciano una mappa del comportamento stagionale degli indici azionari, come l’S&P 500, che potrebbero cambiare il tuo modo di osservare la finanza.

Ci sono cose che sfuggono alla logica pura ma si ripetono con una regolarità disarmante. I mercati finanziari, spesso visti come imprevedibili, nascondono invece schemi ricorrenti. Non parliamo di certezze assolute, ma di tendenze che emergono con forza dai dati raccolti nel corso di decenni.
L’andamento stagionale dei mercati azionari è uno di quei fenomeni che sembrano sfidare la razionalità: perché mai le azioni dovrebbero andare meglio in certi mesi e peggio in altri? Eppure accade. E la cosa ancora più affascinante è che questi schemi si presentano con una regolarità quasi inquietante.
Non è magia, è psicologia collettiva. È l’effetto di decisioni prese da milioni di persone in determinati momenti dell’anno, influenzate da clima, festività, risultati aziendali e aspettative fiscali.
I mesi in cui il mercato alza la voce
Dare un’occhiata ai mesi più favorevoli può rivelarsi un esercizio illuminante. Aprile, ad esempio, ha una lunga tradizione di performance positive, legata alla stagione delle trimestrali e a una spinta di ottimismo generale. Novembre e Dicembre brillano per motivi diversi: a novembre inizia quello che in gergo viene chiamato “Santa Claus Rally”, una corsa rialzista spesso alimentata dall’entusiasmo di fine anno, da motivazioni fiscali e da una naturale voglia di chiudere in bellezza.

Non va dimenticato luglio, un altro mese in cui gli investitori sembrano più attivi e fiduciosi, complici i dati semestrali e il clima estivo più rilassato. La performance media dell’S&P 500 in questi mesi supera l’1%, con oltre il 70% dei casi chiusi in positivo.
Chi si occupa di seasonality trading tiene ben presente questi cicli, usando il calendario come alleato per individuare finestre temporali favorevoli.
I mesi in cui il mercato si fa silenzioso
Ma non tutto l’anno è una festa. Esistono mesi, come settembre, che storicamente si comportano come veri freni a mano per gli indici. La performance media negativa e la bassa percentuale di chiusure in verde (circa il 45%) lo rendono il mese meno amato dai trader.
Febbraio e giugno non sono disastrosi, ma spesso segnano rendimenti piatti, in cui l’attesa prevale sull’azione. È come se il mercato, in quei momenti, cercasse una direzione senza trovarla. E ottobre? Solitamente in questo mese vengono segnati minimi rilevanti. Questo può verificarsi anche a gennaio e marzo.
Capire queste dinamiche stagionali dei mercati azionari non significa avere una sfera di cristallo, ma imparare a leggere meglio le onde. Sapere quando il vento soffia a favore può aiutare a decidere se issare le vele o restare fermi ad aspettare.
Chi investe con attenzione sa che ogni mese racconta una storia diversa.