I BTP continuano ad attrarre risparmiatori e investitori istituzionali grazie alle cedole elevate e alla possibilità di sfruttare il credito d’imposta. Il meccanismo che lega rendimento, prezzo di mercato e fiscalità rende alcuni titoli particolarmente interessanti, soprattutto per chi gestisce portafogli diversificati. Con i tassi attuali e le nuove emissioni sul mercato, diventa fondamentale capire come funziona questo vantaggio e quali titoli possano offrire opportunità concrete.
Negli ultimi anni i BTP hanno rappresentato una parte centrale degli investimenti delle famiglie italiane, non solo per la sicurezza ma anche per i ritorni fiscali. Capire il funzionamento delle cedole, del prezzo sopra o sotto la pari e delle minusvalenze fiscali è essenziale per valutare correttamente il rendimento. Secondo i dati del Ministero dell’Economia, i rendimenti medi lordi si sono attestati intorno al 4 %, ma il guadagno reale può cambiare molto in base al prezzo di acquisto. Quando un BTP sopra la pari viene comprato a 104 € e rimborsato a 100 €, si genera una perdita che può trasformarsi in credito d’imposta, utile per compensare plusvalenze su azioni o fondi.
Questo rende tali titoli una sorta di strumento di pianificazione fiscale oltre che di investimento. Un altro elemento cruciale riguarda la durata residua: i titoli a breve termine offrono minore volatilità e maggiore prevedibilità, mentre quelli a medio termine consentono di pianificare cedole più generose. Analizzare i casi concreti aiuta a comprendere meglio le opportunità e i rischi connessi.
Il credito d’imposta nasce dalla differenza tra il prezzo pagato e il valore di rimborso alla scadenza. Se un investitore acquista un BTP con prezzo 104 e valore nominale 100, subisce una perdita di 4 € ogni 100 investiti. Questa perdita, classificata come minusvalenza fiscale, può essere utilizzata per compensare plusvalenze da altri strumenti finanziari. Ad esempio, chi ottiene un guadagno di 500 € dalla vendita di azioni potrà ridurre l’imponibile utilizzando i 400 € di perdita derivanti dal BTP.
Gli analisti evidenziano che il vantaggio diventa reale solo se si dispone di altre fonti di guadagno su cui applicare la compensazione. In assenza di plusvalenze, infatti, il rendimento resta quello base della cedola. Questo meccanismo spiega perché molti risparmiatori scelgono titoli sopra la pari: non tanto per il guadagno diretto, quanto per l’opportunità di ottimizzazione fiscale.
Tra i titoli più seguiti dagli investitori ci sono quelli con cedole generose e scadenze ravvicinate. Il BTP Tf 3,85% St26, quotato sopra 104 €, rappresenta un esempio di strumento che combina flussi cedolari elevati e possibilità di generare credito d’imposta. Chi lo acquista riceve cedole consistenti fino al 2026 ma affronta una perdita finale a scadenza, utile se compensata da guadagni su altri investimenti. Altro caso pratico è il BTP Tf 2,50% Nv25, più prudente e con rendimento netto contenuto ma rischio ridotto.
Titoli con cedole storicamente alte, come il BTP Tf 7,25% delle vecchie emissioni, mostrano invece come un prezzo superiore a 105 € possa ridurre il rendimento reale, trasformando il vantaggio quasi esclusivamente in opportunità fiscale. Secondo Borsa Italiana, la convenienza di un BTP dipende quindi dalla combinazione tra prezzo, cedola e durata residua, oltre che dal profilo fiscale dell’investitore. Conoscere bene questi meccanismi permette di valutare quali titoli possano davvero rafforzare la strategia di portafoglio.
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