Ogni mese è una corsa contro il tempo. C’è chi deve dividersi tra il lavoro, la casa e l’assistenza a un familiare disabile. E quando quei tre giorni sembrano pochi, arriva la sorpresa: se non usati, si perdono. I permessi mensili della Legge 104 non si accumulano e ogni mese rappresenta un punto di partenza. Ma cosa accade davvero se non si utilizzano in tempo?
Una norma rigida, una sentenza chiara e un errore comune aprono un dibattito che riguarda migliaia di famiglie. Il principio della non cumulabilità dei permessi L. 104 cambia il modo di vivere l’assistenza.

Nella vita reale, non tutto si può programmare. Un’influenza, un imprevisto, una semplice dimenticanza. Così può succedere di non riuscire a usare tutti i giorni previsti dalla Legge 104 per assistere un familiare con disabilità grave. È quello che è successo ad Anna, una lavoratrice con il padre invalido, riconosciuto ai sensi dell’art. 3 comma 3. A maggio ha preso solo due giorni dei tre consentiti. Il terzo è andato perduto perché il 31 si è ammalata. Giugno è iniziato con nuovi tre giorni, ma senza possibilità di “recuperare” quello non usato.
Quello che ad alcuni sembra un dettaglio tecnico, in realtà è un principio fondamentale: i permessi mensili ex art. 33 della L. 104 sono legati al mese solare. Non possono essere sommati, né rimandati. Lo ha chiarito la Cassazione, con l’ordinanza n. 22643 del 9 agosto 2024. Il messaggio è semplice: ogni mese è autonomo. I giorni non utilizzati decadono, anche se non per colpa del dipendente.
Quando il permesso non basta: tra regole rigide e assistenza reale
I permessi retribuiti per l’assistenza non sono come le ferie. Non sono un bonus da gestire liberamente, ma un diritto vincolato all’assistenza nel mese corrente. L’INPS lo ribadisce spesso: la natura di questi giorni è mensile e legata a un bisogno immediato. Per questo non è previsto il recupero dei giorni scaduti, anche in caso di utilizzo parziale.

Ma c’è di più. Se un lavoratore utilizza il permesso per fare tutt’altro, può rischiare grosso. Con l’ordinanza n. 2157 del 30 gennaio 2025, la Cassazione ha confermato che l’uso improprio dei permessi può portare al licenziamento per giusta causa. In quel caso, il lavoratore si era assentato dichiarando di assistere un familiare, ma aveva svolto attività personali del tutto estranee.
Tuttavia, la Corte ha anche chiarito un punto importante: non serve essere presenti fisicamente accanto al familiare per tutta la giornata. Azioni come fare la spesa o ritirare medicinali sono considerate attività funzionali all’assistenza. Lo ha spiegato nell’ordinanza n. 1227 del 17 gennaio 2025. La chiave è la coerenza tra l’attività svolta e la finalità assistenziale.
In tutto questo, si gioca un equilibrio tra diritto e responsabilità. Ogni mese, quei tre giorni di permesso retribuito sono un’occasione concreta per esserci davvero, ma senza possibilità di riserva. Il tempo, quando si parla di assistenza, ha un valore che non si misura solo in ore.