L’attuale contesto macroeconomico presenta spunti operativi tramite cui è possibile costruire un portafoglio in ottica di protezione dal rischio. Ecco le migliori e peggiori società italiane quotate.
Secondo i dati Istat nel mese di gennaio 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dell’1,6% su base mensile e una crescita del 4,8% su base annua.
E proprio l’inflazione uno degli elementi più influenti degli ultimi due mesi. È questo a essere monitorato con più attenzione dagli operatori per decidere che cosa fare. Per quanto riguarda l’Italia, ma anche l’Europa siamo già al picco della crescita dei prezzi. Il carovita dovrebbe ridimensionarsi, salvo sorprese, entro i prossimi mesi.
Il primo fattore che spinge in alto il prezzo di beni e servizi è il costo delle materie prime e in particolare quelli dell’energia. Il petrolio sta ancora scontando le tensioni internazionali e il peso della Russia sul prezzo, essendo il terzo produttore al mondo.
Per quanto riguarda il gas invece, con l’arrivo della primavera e la conseguente minore richiesta, il prezzo si dovrebbe ridimensionare. Se l’inflazione al netto dei beni energetici è salita da 1,6% a 1,8% nel complesso quest’anno essa dovrebbe ritornare tra il 2,5 e il 3%. Dato lo scenario l’investitore dovrà cercare quei settori e quei titoli che, potenzialmente, possano dare un rendimento, anche da dividendo, uguale o superiore a queste percentuali.
I migliori settori da prendere in considerazione in vista di un possibile aumento dei tassi di interesse è quello bancario. Considerando poi la relazione tra l’inflazione e le materie prime è utile osservare il settore dell’energia e dei servizi. Nonostante le incertezze economiche gli indicatori delle condizioni generali dell’economia italiana ed europea evidenziano ancora un quadro espansivo. Al momento il rapporto tra rendimento e rischio del mercato azionario è in linea con le medie storiche.
I livelli di indebitamento e capitalizzazione del mercato azionario rispetto al PIL sono ai massimi storici. In altre parole ciò rende il prezzo degli asset rischiosi in quanto particolarmente sensibili alle decisioni di politica monetaria. Tra le aziende in grado di beneficiare di questo contesto ci sono società particolarmente robuste dal punto di vista patrimoniale, con ottimi risultati sull’azionario nell’ultimo anno e buoni dividendi. Tra queste ci sono:
L’esposizione delle più importanti banche italiane nell’economia russa
Tra gli altri rischi possibili ci sono quelli dovuti all’impatto ambientale e sociali delle aziende italiane. I rischi legati alle problematiche di carattere sociale, ambientale e della governance di un’azienda possono avere delle serie ripercussioni finanziarie se non gestiti in modo opportuno. L’opinione pubblica e gli azionisti sono oggi molto sensibili alle tematiche ambientali e una bassa esposizione ai rischi ESG implica una maggior profittabilità di lungo periodo.
Secondo un’analisi Morningstar il rischio ESG all’interno del listino italiano non è omogeneo e varia in base al segmento di capitalizzazione e al settore di appartenenza. Tra i titoli con la migliore valutazione ESG di Piazza Affari troviamo: Moncler, Eni, Ferrari, Pirelli e Telecom. Tra i settori a più altro rischio di ricadute negative c’è invece quello delle materie prime e il farmaceutico. Per il primo i titoli peggiori sono Buzzi Unicem e Cementir Holding. Mentre per Recordati e Diasorin il rischio ESG maggiore è legato alla governance dei loro prodotti: irregolarità di produzione, effetti collaterali imprevisti e marketing falso o ingannevole.
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