Il datore di lavoro non ha mi versato i contributi, posso chiedere la rendita all’INPS?

Un controllo sull’estratto conto contributivo può trasformarsi in uno shock: anni di lavoro non risultano registrati. La pensione tanto attesa sembra sfumare. Eppure, la legge prevede una tutela. Quando il datore di lavoro non ha mai versato i contributi, si può ancora agire, anche dopo molto tempo. Il nome di questa ancora di salvezza? Rendita vitalizia. E grazie a una recente sentenza della Cassazione, i margini per tutelarsi sono diventati più chiari. Ma attenzione: il tempo gioca un ruolo fondamentale.

Molti scoprono troppo tardi che il proprio datore non ha versato quanto dovuto. Non si parla solo di lavoro in nero, ma anche di rapporti formalmente regolari, dove però l’azienda ha ignorato l’obbligo contributivo. Le conseguenze sono pesanti: pensione ridotta o addirittura negata. E quando si prova a rimediare, spesso si inciampa nella prescrizione. È qui che entra in gioco la rendita vitalizia.

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Non tutti sanno che la legge permette di ricostruire i contributi anche quando sono caduti in prescrizione. Come? Attraverso un meccanismo previsto dall’articolo 13 della legge 1338/1962. Serve però dimostrare l’esistenza del lavoro e della retribuzione. E in certi casi, ci si può sostituire all’azienda.

Quando l’azienda è inadempiente: la rendita vitalizia può intervenire

La rendita vitalizia è uno strumento pensato per compensare il danno derivante dall’omissione contributiva. Il datore di lavoro può utilizzarla quando non può più versare i contributi per scadenza dei termini (cinque anni). Per rimediare, dovrà versare all’INPS una somma equivalente al valore attuariale dei contributi mancanti, detta “riserva matematica”.

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Quando l’azienda è inadempiente: la rendita vitalizia può intervenire-trading.it

Questa possibilità è concessa entro dieci anni dalla scoperta del problema e richiede documenti con data certa, che provino l’effettivo rapporto di lavoro e la retribuzione erogata. Ma se il datore è fallito, irreperibile o non collabora?

In questo caso, il lavoratore può intervenire personalmente. Può cioè chiedere all’INPS di costituire la rendita in propria vece, a condizione di dimostrare il rapporto di lavoro e il salario percepito. È quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 22802/2025: il diritto del dipendente si prescrive in dieci anni, ma il termine inizia dal momento in cui scopre l’omissione, non da quando questa si è verificata.

Il lavoratore può agire anche da solo: come e quando

Chi si accorge tardi della mancanza dei contributi può comunque agire, se riesce a provare con certezza di aver lavorato. Il termine decennale per chiedere la rendita vitalizia parte dal giorno in cui si ha consapevolezza dell’omissione. Questa novità tutela i lavoratori che scoprono il problema solo al momento della pensione o quando verificano l’estratto conto INPS.

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Il lavoratore può agire anche da solo: come e quando-trading.it

Se il termine è già scaduto, esiste ancora una possibilità: la legge 203/2024 consente di versare interamente a proprio carico la somma necessaria per ricostituire la posizione contributiva, anche oltre i dieci anni. In questo caso, non ci sono scadenze, ma restano gli stessi requisiti probatori.

Infine, anche in caso di mancata costituzione della rendita, il lavoratore può chiedere al datore il risarcimento del danno pensionistico, ai sensi dell’articolo 2116 del Codice Civile. Anche qui, il termine è decennale e decorre dal momento in cui il danno diventa evidente, ad esempio con il pagamento ridotto della pensione.

In un mondo del lavoro dove le certezze sono sempre meno, conoscere e usare strumenti come la rendita vitalizia può davvero cambiare il destino pensionistico di molte persone.

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