Secondo gli analisti di JP Morgan, i prezzi del petrolio possono raggiungere nello scenario avverso fino ai 380 dollari al barile.
Il G7 sembra lavorare a una nuova sanzione per limitare l’economia russa. Imponendo un tetto al prezzo del petrolio l’Ue rischia però di avere più danni che benefici.
La previsione da incubo fatta dagli analisti di JP Morgan può concretizzarsi nel caso le sanzioni statunitensi ed europee spingessero la Russia ad apportare tagli consistenti alla produzione. Il Paese è in grado di ridurre la produzione giornaliera di greggio fino a 5 milioni di barili, senza danneggiare eccessivamente la sua economia.
Le interruzioni alla produzione in Libia hanno già spinto in questi giorni le quotazioni al rialzo. La produzione ha visto un forte calo, con esportazioni giornaliere comprese tra 365.000 e 409.000 barili e ridotte di 865.000 barili al giorno. Ciò è dovuto a causa dell’occupazione dei siti produttivi dovute alle proteste di una parte della popolazione.
Nonostante l’incremento di produzione dell’Opec+ la tensione sui titoli della materia prima rimane alta. Venerdì il Brent ha guadagnato il 2,38% chiudendo a 111,6 dollari al barile mentre il Wti è salito del 2,52% a 108,4 dollari. Mosca attualmente ha un ampio margine di manovra; 5 milioni di barili secondo JPMorgan avrebbero effetti devastanti sui prezzi al listino e sull’economia globale.
Un taglio di 3 milioni di barili alle forniture giornaliere spingerebbe i prezzi del greggio a 190 dollari, mentre lo scenario peggiore di 5 milioni potrebbe significare un prezzo di 380 dollari. Questo è ciò che la Russia può fare come atto di ritorsioni nei confronti delle sanzioni occidentali.
Oltre alla Libia, tra le cause dei rialzi delle quotazioni bisogna aggiungere lo sciopero dei lavoratori del settore in Norvegia che partirà martedì 5 luglio. Secondo le stime questo può portare nel breve periodo una riduzione complessiva di circa 320.000 barili di petrolio al giorno.
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