È la Corte costituzionale, con sentenza 27 maggio 2025 n. 75 a spiegare come l’IMU diventa deducibile.
La Corte dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 14 c. 1 DLGS n. 23/2011, come modificato dalla Legge di stabilità 2014, la quale considerava tra 2014 e 2018, la deducibilità dell’IMU al 20% sugli immobili strumentali con base imponibile IRES.
Sono state due ordinanze di rimessione che hanno determinato la questione.
La n. 166/2024 della Corte di giustizia tributaria di Primo grado di Cagliari per l’anno d’imposta 2018, e la n. 173/2024 della Corte di giustizia tributaria di Secondo grado del Lazio. In tutte e due, società varie come Unilever e Saras, avevano impugnato il diniego dell’ADE in merito al rimborso della maggiore IRES versata per la non deducibilità dell’80% dell’IMU sugli immobili strumentali, perché solo il 20% risultava deducibile.
Ma il quadro normativo si è evoluto di molto. All’inizio, l’art 14 del DLGS 23/2011 non considerava la totale indeducibilità dell’IMU, poi dichiarata illegittima con sent. n. 262/2020 della Corte. Così, da 2014 e 2018 la deducibilità fu fissa al 20%, poi progressivamente divenuta totale nel 2022.
Le Corti rimettenti ritenevano che la deducibilità limitata al 20% violasse gli art 53, 3 e 41 della Costituzione e i loro principi.
Rispettivamente quello della “capacita contributiva” per cui la tassazione sul reddito d’impresa dovrebbe commisurarsi sul reddito effettivo. Si parla di netto delle spese. La parziale indeducibilità genererebbe una doppia imposizione, con tanto di tassazione di un reddito figurativo.
La “ragionevolezza”, fissare la deducibilità al 20% è arbitrario, non logico. Infine, la “libertà di iniziativa economica”, discriminati coloro che investono su immobili strumentali rispetto ad altri costi d’impresa.
Cosa hanno concluso le Corti rimettenti?
Queste hanno persino escluso che possibili esigenze di bilancio potesse anche solo giustificare la limitazione. Le Corti sostenevano sindacabile in relazione agli artt. 3 e 23 della Costituzione, la coerenza tra base imponibile e presupposto d’imposta.
Per le società ricorrenti c’è stato sia il ribadire la natura di costo certo dell’IMU sugli immobili strumentali, e la contestazione che l’equilibrio di bilancio potesse anche solo prevalere sui principi inviolabili della Costituzione.
L’Avvocatura dello Stato ha reso inammissibile ciò, e che il legislatore aveva avviato un percorso che gradualmente avrebbe dovuto correggere la disciplina fino a giungere alla totale deducibilità.
La Corte ha ripreso il quadro normativo, mostrando come l’IMU fosse stata superata da una serie di interventi legislativi che ne avevano ampliato la deducibilità al 100% nel 2022. Non c’era stato un contemperamento ragionevole tra esigenze di bilancio, coerenza del sistema tributario, e necessità stesse delle imprese.
Quindi, si limita temporaneamente la deducibilità al 20%, senza violare i principi costituzionali. In conclusione, ecco come La Corte Costituzionale dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, e per il 2014-2018 resta fermo il valore di deducibilità contenuto su immobili strumentali dalla base imponibile IRES.
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