In pensione a 64 anni e 25 di contributi: dal 2026 cambia tutto

Dal 2026 si potrà smettere di lavorare a 64 anni, ma alcuni contribuenti rischiano di ricevere una brutta sorpresa.

Moltissimi contribuenti sono preoccupati per le eventuali variazioni che subirà dal prossimo anno il sistema previdenziale italiano. In particolare, temono il ritorno assoluto alla Legge Fornero dopo l’annuncio dell’abolizione di Quota 103.

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In pensione a 64 anni e 25 di contributi: dal 2026 cambia tutto (trading.it)

Quest’ultimo strumento ha permesso il pensionamento anticipato di coloro che hanno maturato almeno 62 anni di età e 41 di contribuzione. Dal 2026, tuttavia, questa misura dovrebbe essere sostituita con un’altra che consente ugualmente di non attendere il compimento dell’età pensionabile, ma con requisiti più stringenti. Di quale strumento si tratta?

Pensione a 64 anni con 25 anni di contributi per tutti? Sì, ma con queste condizioni

Secondo le prime indiscrezioni, dal prossimo anno i contribuenti italiani potranno contare su una nuova misura di flessibilità in uscita, che richiede il possesso di almeno 64 anni di età e 25 di contributi. A differenza di Quota 103, che era destinata anche a chi aveva versamenti prima del 1996, il nuovo meccanismo dovrebbe essere disponibile solo per i cd. contributivi puri, ossia coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995.

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Pensione a 64 anni con 25 anni di contributi per tutti? Sì, ma con queste condizioni (trading.it)

L’importo della pensione, inoltre, dovrà essere pari almeno a 3 volte l’Assegno sociale (che nel 2025 è di 538,68 euro). Il calcolo completamente contributivo e l’imposizione del limite minimo reddituale sarebbe, dunque, eccessivamente penalizzante, soprattutto per i lavoratori che non possono contare su carriere solide e che percepiscono stipendi bassi (ad esempio, gli autonomi e i precari).

A partire dal 2030, poi, questa nuova misura con pensionamento a 64 anni richiederebbe un’anzianità contributiva non più di 25 ma di 30 anni e un importo minimo dell’assegno previdenziale pari almeno a 3,2 volte quello dell’Assegno sociale. Quest’ulteriore modifica renderebbe molto difficile l’accesso alla pensione anticipata a tantissime persone, perché solo i lavoratori che hanno sempre avuto carriere stabili e retribuzioni medio-alte potrebbero beneficiarvi.

Ma per quale motivo il Governo starebbe lavorando al pensionamento anticipato con 64 anni di età e 25 (o 30) di contributi? Il motivo principale sarebbe la necessità di bilanciare la tutela dei contribuenti con la sostenibilità finanziaria ed evitare il collasso dell’intero sistema previdenziale italiano. L’invecchiamento della popolazione derivante dalla forte crisi demografica renderebbe molto difficile garantire la stabilità dell’ordinamento pensionistico.

La previsione di condizioni così penalizzanti, però, sarebbe condannabile dal punto di vista dell’equità sociale, perché favorirebbe solo chi ha un montante contributivo elevato e non terrebbe conto delle problematiche attuali del mondo del lavoro. Non resta, dunque, che attendere le prossime manovre del Governo.

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