Si può andare in pensione anche prima del limite dei 67 anni ma in pochi sanno cosa sia la contribuzione silente.
In italiano (l’origine è latina) significa “ciò che avviene senza rumore”, nel silenzio. E anche se in pochi lo sanno riguarda proprio quei contributi che non fanno rumore, tanto da non permettere nemmeno di arrivare alla pensione. Meglio conoscerli, allora.

Parliamo di contributi che anche se versati, non diventeranno mai pensione. Incredibile ma vero. Tutto ciò perché il contribuente ha versato per un periodo insufficiente a raggiungerla. E la beffa è dietro l’angolo, perché tali contributi restano nelle casse dell’INPS senza mai trasformarsi in prestazione, soldi nostri per intenderci nelle casse dell’Istituto previdenziale.
Per fortuna, però, esiste un modo per resuscitare i contributi silenti e renderli così validi. Se un lavoratore versa per esempio da 1 anno fino a 15 anni di contributi, ma non raggiunge la soglia dei 20 anni richiesti, in pensione non andrà mai. E tutto ciò che ha versato resta all’INPS come versamento inutile per il contribuente. Per chi ha almeno 5 anni di contributi e il primo versamento è successivo al 31 dicembre 1995, esiste però la possibilità di andare in pensione a 71 anni: in quel caso bastano 5 anni di versamenti.
Andare in pensione con pochi contributi è difficile, ma non impossibile
Chi ha versato 5 anni di contributi avrà una pensione molto più bassa dell’assegno sociale (538,69 euro), e chi già lo percepisce preferisce continuare a farlo rinunciando di fatto alla pensione contributiva (più alta) a 71 anni.

Chi ha versato contributi prima del 31 dicembre 1995 non può fare nulla: senza 20 anni di versamenti, la pensione non si ottiene mai, e i contributi restano silenti a vita. Questi contributi diventano tali nel caso di carriere discontinue o saltuarie; lavoro in settori con casse previdenziali differenti; percorsi lavorativi interrotti. Se i contributi non utilizzati si trovano in una cassa previdenziale diversa da quella della pensione richiesta, si può ricorrere alla ricongiunzione dei contributi che permette di trasferire i contributi versati in gestioni diverse verso un’unica gestione, dalla quale poi richiedere la pensione.
Ma c’è un’altra soluzione: la totalizzazione, gratuita ma talvolta penalizzante sull’importo della pensione. Permette di sommare i contributi di diverse gestioni per ottenere un’unica pensione, calcolata con metodo contributivo, generalmente meno vantaggioso. E poi c’è il cumulo dei contributi, utile a unificare la contribuzione sparsa in più casse in un’unica posizione previdenziale. Per evitare di lasciare contribuzione silente, esiste anche la Pace Contributiva, introdotta dal governo Meloni e utilizzabile fino al 2026. La misura permette di recuperare fino a 5 anni di contributi, pagando il relativo onere, per coprire periodi completamente scoperti da contribuzione e si applica solo ai contributivi puri, cioè a chi non ha versamenti prima del 31 dicembre 1995: consente di recuperare massimo 5 anni tra il primo accredito e il 31 dicembre 2023. In questo modo, chi rischia di perdere 15 anni di contributi perché non può andare in pensione, grazie alla Pace Contributiva può raggiungere i 20 anni minimi richiesti.