Investimenti vincenti: sorprendente BTP 7,25% contro BOT 2025, ecco chi guadagna di più

Non sempre ciò che brilla è davvero conveniente. Alcuni titoli di Stato attirano per cedole molto generose, ma il prezzo di mercato può nascondere sorprese. Quando il valore d’acquisto è superiore alla pari, i calcoli sul guadagno reale cambiano radicalmente.

Eppure, queste dinamiche non sono così immediate per chi guarda solo alla percentuale della cedola. Nel frattempo, altri strumenti finanziari appaiono meno appariscenti ma, alla prova dei numeri, risultano più lineari e in certi casi persino più redditizi. È un gioco sottile, fatto di attese e strategie, dove pochi decimali spostano l’equilibrio complessivo. Il confronto tra due strumenti molto diversi aiuta a capire quanto la percezione iniziale possa essere distante dal risultato effettivo. In mezzo ci sono le scelte concrete di chi vuole difendere e valorizzare il proprio capitale. Un tema che si rivela attuale e che apre domande non banali su come gestire i risparmi.

Persona che mette una moneta in un salvadanaio dopo aver fatto dei calcoli
Sorprendente BTP 7,25% contro BOT 2025: ecco chi vince davvero-trading.it

La promessa di un rendimento elevato, legata a cedole fuori dall’ordinario, riesce spesso a catturare l’attenzione immediata. Tuttavia, la matematica degli investimenti insegna che non è mai sufficiente guardare un singolo dato isolato. In particolare, quando il prezzo di acquisto supera il valore di rimborso, entra in gioco un meccanismo che riduce sensibilmente la convenienza. Non si tratta soltanto di ricevere flussi cedolari, ma di valutare come questi si confrontano con la perdita in conto capitale. A quel punto, la vera misura del guadagno non è più la cedola promessa, bensì il rendimento effettivo che si ottiene a scadenza. Questa prospettiva aiuta a leggere meglio anche gli strumenti più noti, svelandone lati che altrimenti rischiano di passare inosservati.

Il BTP con cedola generosa e minusvalenza finale

Il BTP 7,25% novembre 2026 è un esempio perfetto di come una cedola molto alta possa nascondere un rovescio della medaglia. Il titolo offre un flusso annuo consistente, ma il prezzo di mercato, pari a circa 106,09, rende inevitabile una minusvalenza al momento del rimborso a 100. Chi acquista oggi sa già che incasserà meno capitale di quanto versato, e questo dato non è marginale.

persona che analizza grafici e dati
Il BTP con cedola generosa e minusvalenza finale-trading.it

Il rendimento effettivo lordo, fermo al 2,02%, scende a circa 1,15% netto una volta applicata la tassazione. La ragione è proprio l’effetto combinato tra cedola generosa e perdita finale. In altre parole, la cedola “ricca” non compensa del tutto l’esborso iniziale più alto. L’investitore si trova così a dover considerare la compensazione fiscale: la minusvalenza generata al rimborso può essere usata per bilanciare future plusvalenze su altri strumenti finanziari, trasformandosi in un vantaggio solo per chi ha altri guadagni da controbilanciare.
Un caso concreto chiarisce meglio. Con un investimento da 10.000 euro, al rimborso l’investitore riceverebbe 9.436 euro di capitale. Le cedole attenuano questa perdita, ma resta evidente come il bilancio complessivo sia ridimensionato rispetto all’aspettativa che una cedola così alta potrebbe suggerire. È un titolo che funziona soprattutto in un portafoglio già articolato, dove la possibilità di usare la minusvalenza compensa parte dello squilibrio. Se invece si guarda solo al rendimento puro, il fascino della cedola perde gran parte della sua attrattiva.

I BOT annuali e la linearità del rendimento

Dall’altra parte si collocano i BOT annuali, come quelli collocati nell’asta di agosto 2025. In questo caso il Tesoro ha fissato il prezzo a 98,001, garantendo un rendimento lordo del 2,012%, che corrisponde anche al rendimento composto. Dopo la tassazione, il risultato netto si attesta attorno all’1,6%. Un valore che, se confrontato con l’1,15% netto del BTP, risulta più favorevole.
La differenza non è solo nei numeri ma anche nella struttura. I BOT sono titoli a rimborso certo alla pari, privi di cedole. L’investitore sa in partenza che riceverà indietro il capitale investito maggiorato dell’interesse, senza dover affrontare calcoli complessi su ratei o minusvalenze. Con 10.000 euro investiti, dopo dodici mesi si incassano poco più di 10.160 euro netti, senza sorprese.
Questa semplicità operativa rappresenta un vantaggio per chi non ha altri strumenti con cui compensare eventuali perdite fiscali. La convenienza dei BOT, in questa fase di mercato, non deriva da cedole spettacolari ma dall’equilibrio tra sicurezza e rendimento effettivo.

Il confronto con il BTP mostra quindi un paradosso interessante: un titolo che promette cedole altissime finisce per offrire un rendimento inferiore rispetto a un BOT dall’apparenza molto più modesta. È un ribaltamento delle aspettative che invita a riflettere su come i dettagli possano cambiare completamente la percezione di un investimento. Forse la domanda più stimolante non è quale dei due convenga in assoluto, ma quale si adatti meglio a un determinato profilo, considerando anche l’aspetto fiscale. E in questo senso, la scelta non è mai banale.

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