Quando un sostegno economico pensato per aiutare nei momenti più difficili diventa terreno di scontro tra protezione sociale e diritto al recupero crediti Le prestazioni INPS non pensionistiche finiscono spesso al centro di contenziosi che mettono a rischio la serenità di chi si trova già in situazioni fragili
Con la circolare n. 130 del 30 settembre 2025, l’Istituto chiarisce finalmente cosa può essere pignorato e cosa resta davvero al sicuro. Una materia piena di sfumature, tra norme del Codice di Procedura Civile, leggi speciali e prassi non sempre uniformi negli anni. Le indennità come NASpI, CIG, malattia o maternità non sono tutte uguali agli occhi della legge e i margini di azione per i creditori cambiano molto.
Chi riceve questi aiuti spesso non sa che esistono soglie precise e limiti rigorosi che proteggono almeno in parte il proprio sostegno economico. Non si parla solo di numeri e articoli di legge, ma di persone reali che ogni mese devono fare i conti con bollette e spese quotidiane.
Il rischio di pignoramento delle prestazioni INPS è reale, ma i confini sono oggi più chiari grazie agli ultimi aggiornamenti. Il focus non è solo sul pignoramento da parte di terzi, ma anche sulle trattenute per recupero di somme versate in eccesso dall’INPS stesso.
Chi percepisce prestazioni economiche dall’INPS spesso si trova nel dubbio costante se quelle somme siano davvero protette. In particolare, indennità come NASpI, cassa integrazione o congedi non sono più un tema solo tecnico. L’INPS ha infatti tracciato un quadro aggiornato che punta a ridurre le interpretazioni contrastanti e a dare certezze, sia agli uffici che ai cittadini. Non tutte le prestazioni, però, godono dello stesso livello di protezione. Alcune possono essere pignorate, ma solo entro soglie ben precise.
La normativa italiana si basa su un equilibrio tra il diritto dei creditori a rientrare delle somme dovute e la necessità di garantire un minimo vitale a chi riceve prestazioni di sostegno al reddito. Ecco perché oggi diventa fondamentale capire esattamente cosa dice la legge e come si applicano i limiti.
Secondo la circolare INPS del 30 settembre 2025, le prestazioni che sostituiscono il reddito da lavoro come NASpI e CIG sono parzialmente pignorabili. Vengono assimilate allo stipendio e quindi rientrano nell’articolo 545 del Codice di Procedura Civile. Questo vuol dire che un creditore può agire per pignorare queste somme, ma solo fino a un quinto dell’importo erogato.
Il pignoramento avviene sempre secondo una gerarchia: prima i crediti alimentari, poi quelli tributari e infine gli altri. Importante sapere che, anche in caso di somme dovute all’INPS per errore, l’Istituto stesso deve rispettare questi limiti. Un caso emblematico è quello dell’anticipazione NASpI in unica soluzione: in questo caso, trattandosi di una tantum e non di una somma periodica, l’importo può essere pignorato interamente, senza le tutele previste per le somme mensili.
Questa distinzione è fondamentale per chi ha deciso di avviare un’attività autonoma utilizzando l’anticipo NASpI, perché cambia radicalmente il tipo di protezione. In ogni caso, l’obiettivo della norma resta quello di garantire che il beneficiario mantenga una disponibilità minima per vivere, anche in presenza di debiti.
La tutela si fa più rigida per le prestazioni che non sostituiscono direttamente lo stipendio ma servono a sostenere il lavoratore in situazioni protette come malattia, maternità o congedi familiari. Queste somme sono infatti considerate assistenziali e, per legge, non possono essere pignorate da terzi. L’unica eccezione riguarda i recuperi INPS, che può trattenere fino a un quinto nel caso di somme indebitamente versate.
Un esempio frequente è quello di un’indennità di maternità calcolata in eccesso e versata per errore: l’INPS potrà recuperarne una parte, ma sempre rispettando le soglie stabilite. La giurisprudenza e le prassi amministrative hanno da tempo confermato questo orientamento, ora cristallizzato nella nuova circolare.
Un altro caso interessante riguarda le somme maturate ma non ancora riscosse, ad esempio per il decesso del beneficiario. Anche qui è possibile intervenire con azioni esecutive, ma solo nel rispetto delle stesse regole. La distinzione tra prestazioni sostitutive del salario e prestazioni assistenziali diventa quindi determinante per stabilire il grado di protezione.
Queste indicazioni non cancellano del tutto le preoccupazioni di chi vive situazioni economiche difficili, ma aiutano a fare chiarezza su cosa può davvero accadere. Forse, più che una regola generale, serve una maggiore consapevolezza dei propri diritti.
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