Cosa succede se i soliti segnali stagionali smettono di funzionare? E se l’estate 2025, anziché portare incertezza, si trasformasse in un’occasione inattesa? L’accoppiata tra un anno che termina in 5 e il primo anno del ciclo presidenziale americano non si verifica spesso.
Ma quando succede, i mercati tendono a comportarsi in modo diverso. Alcuni segnali iniziano a indicare che l’estate potrebbe non rispettare il copione abituale. Le previsioni più timide lasciano spazio a scenari più ambiziosi. Forse il momento di aspettare è finito.
La primavera ha cambiato tono ai mercati. I principali indici americani, dopo lo scosse di marzo e aprile, hanno continuato a salire, ignorando la classica debolezza che spesso accompagna i mesi tra maggio e ottobre. Nonostante le attese di un rallentamento, l’S&P 500 e il Nasdaq hanno registrato nuove crescite, mettendo in discussione il proverbiale “Sell in May and go away”.
Dati macro migliori delle attese, una Federal Reserve più prudente e trimestrali solide hanno alimentato la fiducia. Gli operatori si trovano ora davanti a un bivio: interpretare questa forza come anticipo di una correzione o come l’inizio di una fase nuova? La risposta non è semplice, ma le banche d’affari offrono qualche spunto.
Secondo Bank of America Merrill Lynch, il mese di maggio 2025 è stato tra i migliori da fine 2023. Un risultato che fa riflettere sul fatto che il “Sell in May” possa essersi solo posticipato. Altre società, come StoneX e LPL Financial, notano che la stagionalità negativa tipica del periodo non si è ancora presentata.
Gli indici restano sostenuti da liquidità ampia, aspettative di tagli futuri sui tassi e dal continuo entusiasmo per il settore tecnologico. UBS e Morgan Stanley non prevedono correzioni importanti a breve. Le loro strategie puntano a restare investiti, anche se con un occhio attento alla selettività. La preferenza va verso settori difensivi o titoli di qualità, ma non c’è l’idea di alleggerire in modo drastico.
In sostanza, la stagione estiva potrebbe anche riservare nuove sorprese positive. Non si tratta di euforia, ma nemmeno di timori forti. La lettura prevalente è prudente, ma non pessimista. E questo, di per sé, è un segnale.
Guardando alla storia, gli anni che terminano in 5 tendono a seguire un percorso ricorrente: fase debole a giugno, rimbalzo a luglio, poi incertezza fino a ottobre. Ma il 2025 è anche il primo anno del ciclo presidenziale americano, una fase che spesso genera cautela iniziale, dovuta ai cambiamenti nelle politiche e ai nuovi equilibri politici.
La combinazione tra anno 5 e inizio di mandato presidenziale è rara, ma non senza precedenti. In alcuni casi ha generato mercati stabili o persino brillanti, specie quando il contesto economico è favorevole. Alcuni report, tra cui quelli di J.P. Morgan e Goldman Sachs, sottolineano che il mix attuale, stabilità macro, inflazione in controllo, tassi sotto osservazione, potrebbe compensare le tipiche incertezze politiche del primo anno.
Siamo in una fase che potrebbe rompere gli schemi. Forse non sarà un’estate da corsa, ma nemmeno una da temere. E in un contesto simile, chiedersi se vendere o restare potrebbe non essere la vera domanda. Forse, il punto è capire se il mercato stia già correndo… e chi riesce a stargli dietro. Tempesta quindi all’orizzonte? Le probabilità sembrerebbero scarse.
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