Una casa comprata con sacrificio, un mutuo sulle spalle e poi… la chiamata dall’estero che cambia tutto. È possibile conservare i vantaggi fiscali anche se la vita prende una piega inaspettata? Il nodo è uno: il mutuo prima casa, e ciò che accade quando il lavoro costringe a spostarsi oltreconfine. Una norma spesso ignorata potrebbe fare la differenza tra perdere o mantenere un’agevolazione importante. Perché la risposta, per una volta, non è così scontata.
Maria aveva fatto tutto secondo le regole: nel 2022 aveva acquistato la sua prima casa in Italia, acceso un mutuo ipotecario, e trasferito lì la residenza entro l’anno. La detrazione sugli interessi passivi era già entrata nel suo bilancio familiare come un sollievo concreto. Poi però è arrivata un’offerta di lavoro all’estero, irrinunciabile. Un nuovo inizio, sì, ma con una domanda che non la lasciava in pace: cosa succede ora alla detrazione del 19% sul mutuo prima casa?

Non è un interrogativo banale, soprattutto quando l’equilibrio economico dipende anche da queste voci. In molti casi, chi si trasferisce teme che il semplice cambio di Paese faccia decadere il beneficio. Ma la realtà, come spesso accade, è più sfumata e meno drastica di quanto sembri. Ci sono regole precise, certo, ma anche aperture che vale la pena conoscere.
Mutuo prima casa e vita all’estero: quando il lavoro diventa una ragione valida per non perdere la detrazione
Contrariamente a quanto si possa pensare, il trasferimento all’estero non comporta automaticamente la perdita della detrazione fiscale sugli interessi passivi del mutuo. Questo principio è chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 17/E del 2015, che specifica i casi in cui è possibile continuare a usufruirne anche vivendo fuori dall’Italia.

Il primo elemento essenziale è che le condizioni iniziali siano state rispettate: il mutuo deve essere stato acceso per acquistare la prima abitazione e la residenza deve essere stata trasferita nell’immobile entro un anno dal rogito. Se queste basi sono solide, si può guardare oltre i confini italiani.
Il secondo punto riguarda la motivazione del trasferimento: deve essere legata a esigenze lavorative concrete. Un nuovo impiego, una promozione, o un’opportunità professionale documentata possono giustificare la permanenza all’estero, senza intaccare il diritto alla detrazione.
Infine, c’è un limite importante da non superare: non bisogna acquistare un’altra abitazione da destinare a residenza principale nel nuovo Paese. Se questo accade, il beneficio fiscale decade a partire dall’anno successivo.
Non tutto è perduto: come tutelare il proprio diritto anche da lontano e vivere tranquilli
Anche in caso di locazione dell’immobile italiano, la detrazione sul mutuo prima casa può essere mantenuta. L’elemento centrale è che l’allontanamento sia temporaneo e dovuto a motivi di lavoro. La legge non chiede il ritorno immediato, né pretende che si abiti stabilmente nell’immobile.
Per rafforzare la propria posizione, è utile conservare documenti come contratto di lavoro estero, iscrizione all’AIRE, o autocertificazioni. Non serve tornare a vivere nella casa in Italia, ma serve poter dimostrare che le ragioni professionali sono ancora valide.
Se poi le condizioni venissero meno, ad esempio, fine del contratto o trasferimento definitivo per motivi non lavorativi, la detrazione verrebbe meno dall’anno successivo. In questo senso, è bene monitorare i cambiamenti della propria situazione e agire con trasparenza.
Per chi vive esperienze come quella di Maria, sapere che la normativa non chiude la porta può fare una grande differenza. Il mutuo resta, così come il legame con l’Italia. Ma con le giuste attenzioni, anche i benefici possono continuare ad accompagnare chi guarda al futuro da un’altra prospettiva.