Molti pensionati scelgono di rimanere attivi con piccoli lavori part-time per integrare il reddito e mantenere un ruolo sociale. Questo apre una domanda chiave: i contributi versati dopo la pensione possono aumentare l’assegno già in pagamento? E come funziona il loro aggancio alla pensione?
Il desiderio di continuare a lavorare, anche solo poche ore a settimana, non riguarda soltanto il lato economico. Per molti rappresenta un modo per conservare abitudini e rapporti, un equilibrio che aiuta a vivere meglio la nuova fase della vita. In questo contesto il contratto part-time diventa lo strumento ideale: consente di rimanere attivi senza un impegno eccessivo, garantendo al tempo stesso nuove entrate.

Ma c’è un aspetto che incuriosisce molti: i contributi INPS versati dopo il pensionamento hanno effetto sulla pensione già liquidata? Secondo l’INPS e il Ministero del Lavoro, questi contributi non vanno persi, ma danno diritto a un supplemento di pensione. Tuttavia, il loro impatto non è immediato, perché la rivalutazione dell’assegno avviene solo in momenti precisi e su richiesta del pensionato.
Un altro punto di interesse riguarda l’entità dell’aumento. Non esiste una percentuale unica valida per tutti: il calcolo dipende dal sistema pensionistico (retributivo, contributivo o misto) e dall’ammontare dei contributi aggiuntivi. Come spiegato in diverse circolari INPS, si applicano le stesse regole con cui era stata calcolata la pensione originaria.
Come funziona il supplemento
Il supplemento di pensione è un incremento riconosciuto a chi, dopo la decorrenza della pensione, ha continuato a versare contributi nella stessa gestione previdenziale. Secondo l’INPS, la richiesta può essere presentata solo se sono trascorsi almeno cinque anni dal primo assegno o dall’ultimo supplemento ottenuto.
Esiste però un’eccezione: al compimento dei 67 anni, cioè l’età per la pensione di vecchiaia, il supplemento può essere richiesto dopo soli due anni. In questo modo, chi ha scelto di lavorare con un contratto part-time può valorizzare più rapidamente i contributi aggiuntivi.

Il calcolo segue lo stesso metodo applicato alla pensione principale. Per chi ha maturato la pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi, ad esempio, i nuovi versamenti saranno conteggiati con identico criterio. L’incremento ottenuto dipende quindi dall’importo delle retribuzioni soggette a contributi e dall’età del richiedente.
Quando e come richiederlo
La domanda di supplemento non è automatica: deve essere inoltrata all’INPS online o tramite patronato. Come ricorda il Sole 24 Ore, il diritto scatta solo se rispettati i termini temporali previsti dalla normativa. È possibile chiedere più supplementi nel corso del tempo, ma sempre rispettando l’intervallo minimo stabilito.
Per un pensionato che lavora 15 ore settimanali con contratto a tempo indeterminato, i contributi versati saranno modesti, ma comunque utili a incrementare l’assegno. Non si tratta di un’integrazione immediata, bensì di un miglioramento che si concretizza quando si inoltra la richiesta e l’INPS ricalcola l’importo.
Va ricordato che i contributi post-pensionamento non danno diritto a una nuova pensione autonoma, ma esclusivamente a un aumento della rendita esistente. Si tratta quindi di una misura che valorizza l’impegno lavorativo dopo il pensionamento, garantendo al tempo stesso la sostenibilità del sistema previdenziale.
In definitiva, lavorare dopo la pensione consente di unire un reddito extra con la possibilità di ottenere un assegno leggermente più alto, grazie al meccanismo del supplemento di pensione.