Cosa potrebbe succedere davvero ai tuoi risparmi nel 2025? Una previsione inquietante fa tremare i mercati. Analisti e investitori cominciano a guardarsi le spalle. C’è chi parla già di segnali evidenti, chi invece scommette sulla tenuta dell’economia. Ma se il peggio dovesse arrivare, sei davvero pronto? E quali sono i titoli che potrebbero resistere all’urto di una crisi globale?
Immagina di essere in macchina su una strada che conosci bene. Guidi tranquillo, il panorama ti è familiare, e tutto sembra sotto controllo. Poi, all’improvviso, vedi delle nuvole scure all’orizzonte.
Non piove ancora, ma l’aria cambia. E quel silenzio prima della tempesta ti mette in allerta. È un po’ la sensazione che si respira tra economisti, investitori e analisti in questi mesi.
Non si parla più solo di rallentamento. Le parole “rischio recessione” iniziano a comparire anche nei rapporti più prudenti. I numeri parlano chiaro: il PIL di alcune economie chiave è in frenata, gli scambi commerciali rallentano e, sullo sfondo, c’è la questione mai davvero risolta dei dazi. Alcuni esperti di spicco, come Mark Zandi di Moody’s Analytics, prevedono una probabilità superiore al 50% di una recessione globale nel 2025. E la cosa che inquieta è che, guardando indietro nella storia, la probabilità di una crisi nei primi due anni del ciclo presidenziale USA è sorprendentemente alta.
Ma cosa significa davvero tutto questo per chi investe? E quali sono le mosse più intelligenti da valutare in anticipo?
C’è un dato storico che continua a ronzare nella testa degli analisti. Dal 1898, ogni volta che si insedia un nuovo presidente alla Casa Bianca, i primi due anni del mandato coincidono molto spesso con periodi di forte incertezza economica.
Il motivo? Politiche fiscali da ricalibrare, tensioni commerciali da gestire, aspettative esagerate da parte dei mercati. Se a questo si aggiungono le dichiarazioni altalenanti sull’imposizione dei dazi, anche da parte di figure politiche come Trump, il quadro si fa ancora più instabile.
Il problema è che non si tratta solo di teoria. Alcune banche d’affari stanno già leggendo segnali concreti: il PIL in contrazione negli ultimi trimestri e l’andamento incerto dei principali indici azionari fanno pensare che si sia già dentro le fasi iniziali di una recessione economica. E non sarebbe una prima volta. Mediamente, queste fasi durano circa 11 mesi. Ma se si guarda a prima del 1950, molte di esse hanno superato l’anno e mezzo.
In uno scenario come questo, Wall Street diventa un luogo meno accogliente. Gli investitori più esperti iniziano a spostare capitali verso settori meno esposti ai cicli economici. La parola d’ordine diventa: resilienza. E chi non si prepara in tempo, rischia di vedere svanire in pochi mesi anni di guadagni.
Ora la domanda che conta davvero è: quali titoli conviene considerare in vista di una possibile recessione? Diverse banche d’affari, tra cui Goldman Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley, hanno cominciato a tracciare le loro strategie. Secondo i loro report, nei momenti di turbolenza i titoli che tendono a reggere meglio sono quelli legati ai beni di prima necessità, alla sanità e, sorprendentemente, a tecnologie ad alto tasso di adozione, come l’intelligenza artificiale applicata ai servizi essenziali.
Goldman Sachs, ad esempio, suggerisce un’attenzione particolare per realtà solide come Johnson & Johnson, Procter & Gamble e Pfizer, aziende che operano in settori dove la domanda resta elevata anche in tempi difficili. Morgan Stanley punta invece su grandi nomi del tech come Microsoft e Apple, ritenute oggi più difensive rispetto al passato, grazie a un modello di business basato su abbonamenti e servizi cloud. JP Morgan, infine, vede valore in aziende legate all’infrastruttura energetica, come NextEra Energy, capaci di generare ricavi costanti anche durante i cicli negativi.
Quello che tutte queste strategie hanno in comune è la ricerca di stabilità in un mondo che potrebbe diventare improvvisamente imprevedibile. Non si tratta di prevedere l’impossibile, ma di prepararsi al possibile. Anche perché, come insegna la storia, quando arriva una crisi, è troppo tardi per muoversi.
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