Le materie prime su cui scommettono gli analisti a giugno

Oro: qualcosa si muove, e non si tratta solo dei mercati. C’è un vento che soffia da Est e si intreccia con vecchie certezze e nuove ansie. Le banche centrali non agiscono a caso, i segnali non vanno ignorati. Le previsioni di alcuni colossi della finanza parlano chiaro, ma ciò che non viene detto a volte è ancora più interessante.

Gli occhi sono puntati sul metallo giallo, ma dietro c’è molto di più. E mentre i riflettori si spostano tra titoli tecnologici e tensioni geopolitiche, l’oro resta lì, muto e solido, ma mai così eloquente come adesso.

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Nelle ultime settimane si respira una sensazione strana. Non è solo una questione di previsioni, è qualcosa che ha a che fare con la memoria collettiva. Quando i tempi diventano incerti, ci si rifugia in ciò che storicamente non ha mai tradito. Gli investitori più attenti sembrano fiutare ciò che sta per accadere, leggendo tra le righe di report tecnici e conferenze stampa. Ma a fare la differenza non sono solo numeri e grafici: è il contesto globale che dà nuova linfa a certe scelte. Anche chi non ha mai pensato di interessarsi all’oro o all’argento, oggi si ritrova a riflettere. E spesso lo fa tardi.

L’oro e l’argento: due asset che tornano al centro del gioco

Secondo JP Morgan, il prezzo dell’oro potrebbe arrivare a 4.000 dollari l’oncia entro metà 2026. Una cifra che non è solo impressionante, ma che riflette un cambiamento più profondo nel modo in cui si percepisce il valore. Le banche centrali stanno acquistando oro a ritmi che non si vedevano da anni. Il motivo? Probabilmente una combinazione di insicurezze valutarie, paure legate all’inflazione e alla crescente instabilità geopolitica. Anche Goldman Sachs si allinea a questa tendenza, ipotizzando un prezzo attorno ai 3.700 dollari entro fine 2025.

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L’argento, da parte sua, sta vivendo una fase di rinnovato interesse. La sua natura ibrida,  metà rifugio, metà risorsa industriale, lo rende particolarmente interessante in un’epoca in cui sostenibilità e tecnologia si fondono. Secondo JP Morgan, potrebbe toccare i 39 dollari l’oncia entro la fine del 2025. Una visione che trova eco anche nelle parole di Robert Kiyosaki, che vede l’argento addirittura raddoppiare di valore.

Energia e metalli della transizione: una corsa in salita

Nel settore energia, il petrolio continua a oscillare tra speranze di stabilità e timori di crisi. Le stime più ottimistiche, come quelle di Westpac, vedono il Brent risalire verso i 78 dollari al barile, complice la riduzione dell’offerta da parte dei paesi OPEC+ e le tensioni in aree critiche come il Venezuela. Ma JP Morgan ipotizza scenari ancora più estremi: in caso di blocco dello Stretto di Hormuz, i prezzi potrebbero impennarsi oltre i 120 dollari.

Intanto cresce l’attenzione verso i metalli della transizione energetica. Il rame, in particolare, è al centro delle strategie future per reti elettriche e mobilità sostenibile. Secondo Westpac, il suo prezzo potrebbe aumentare del 10-15%. Altri materiali come litio, nichel e cobalto seguono la stessa traiettoria, trainati dalla domanda di veicoli elettrici e fonti rinnovabili. Il problema non è solo la richiesta crescente, ma anche l’accesso a risorse sufficienti per soddisfarla.

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