Licenziamento via WhatsApp: la nuova normativa ci mette nei guai

Chiarimenti per il licenziamento via WhatsApp, la legge non mette in una posizione favorevole le persone.

Subire un licenziamento via WhatsApp è un duro colpo, ma è una condizione possibile. La sentenza del Tribunale di Catania ha gestito la controversia di un dipendente che richiedeva di essere reintegrato, ecco cos’è successo.

sfondo uomo sottoposto a licenziamento e telefono con logo whatsapp
Licenziamento via WhatsApp: la nuova normativa ci mette nei guai- Trading.it

Venire licenziati oralmente non è possibile, perché serve una comunicazione scritta. In questo caso, il rapporto di lavoro continua, ma a quanto pare essere mandati via da WhatsApp è una realtà bella e buona.

Si tratta di una forma “atipica” di comunicazione scritta, ma questa insieme a quella per e-mail, assume rilievo giuridico se viene dimostrato l’intento di recedere. Fatta salva l’impugnazione formale dell’idoneità di questa comunicazioni.

La sentenza n. 2261 del Tribunale di Catania ha trattato l’impugnazione di un licenziamento e la domanda di integrazione del lavoratore. Appunto, questi contestava di essere stato licenziato dal 30 aprile 2024, affermando che ciò fosse avvenuto senza la forma scritta dell’atto di recesso, determinandone la sua “nullità”.

Sottoposto a licenziamento via WhatsApp, le argomentazioni del Tribunale

Sicuramente si tratta di una vicenda molto particolare quella del licenziamento via WhatsApp. Il datore non aveva consegnato una lettera formale per iscritto, ma non si può nemmeno comprovare il rifiuto del lavoratore nella ricezione. Come si è risolta la questione?

sagome omini e mano che ne preleva una
Sottoposto a licenziamento via WhatsApp, le argomentazioni del Tribunale- Trading.it

Nonostante quanto emerso dalla contestazione del lavoratore, non c’erano elementi documentali che potessero evidenziare la comunicazione del recesso in forma scritta. Nell’aprile del 2024, precisamente il 16, il lavoratore aveva ricevuto via WhatsApp l’invito a sottoscrivere il preavviso, a cui ha fatto seguito una e-mail il 15 maggio 2024 dalla Segreteria dell’Azienda, la quale formalizzava il licenziamento a partir dal 30 aprile 2024.

Una gestione molto dura, ma che ha fatto il suo corso. A ciò era stata aggiunta la trasmissione del modello UNILAV, in cui era stata indicata la cessazione del rapporto per giustificato motivo oggettivo. Il lavoratore aveva usato questo documento per fare domanda di indennità NASPI.

Allora, il Tribunale ha respinto la tesi del licenziamento orale, ritenendo che le comunicazioni fossero comunque forme scritte valide ai fini del recesso. Eventuali aspetti di invalidità formali delle modalità in questione, non sono stati oggetto di contestazione nel giudizio, e non sono stati considerati per la decisione.

Qual è stata la decisione finale del Tribunale? Ha respinto il ricorso del lavoratore, ritenendo infondata la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro per mancanza di licenziamento orale. Anche perché per iscritto c’era tutto. Infine, data la particolarità del fatto, si è predisposta la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti. Si è confermata così la separazione delle domande riconvenzionali formulate dal datore, rinviate a altro procedimento.

Gestione cookie