Come può l’imprenditore far lavorare il parente? La Cassazione spiega tutto nella sentenza n. 23919/2025.
Potere direttivo e onerosità del lavoro svolto, due elementi fondamentali per capire l’analisi di partenza in merito ad un quesito posto con grande frequenza. Si tratta della domanda: l’imprenditore può far lavorare il parente, e se sì, a quali condizioni? La sentenza n. 23919/2025 della Cassazione indaga sul tema e approfondisce la questione, rispondendo nel concreto.
È stata la Corte di Cassazione ad indagare la questione inerente al lavoro del familiare nell’impresa, a sua volta poi approfondita da altre fonti giuridiche più recenti. La sentenza n. 23919/2025 ha chiarito che davanti il disconoscimento del rapporto di lavoro subordinato tra imprenditore e familiare, spetta a chi vuol far valere tale rapporto, dimostrare in maniera certa i caratteri della subordinazione.
Come appunto, il potere direttivo e l’onerosità del lavoro svolta sopra indicati. Da qui, emerge un tema molto importante, che è la mancanza di convivenza tra familiari, che non comporta in automatico la presunzione dell’onerosità del rapporto, ma richiede una prova rigorosa di subordinazione, ma c’è di più.
Quindi, assodato che non basta non convivere con i familiari per fare venire meno la condizione non approvata per legge, per cui ci vuole una rigorosa subordinazione, si aggiunge che la prova del pagamento della retribuzione, oggi preferibilmente tracciata, è fondamentale al fine di dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato.
Al tempo stesso, la Corte costituzionale ha poi esteso la tutela dell’impresa familiare anche al convivente di fatto, equiparandolo a sua volta ai “familiari tradizionali”, questi ai fini delle collaborazioni lavorative, con la sentenza n. 148/2024, la quale ha dichiarato incostituzionale, la parte di legge che escludeva il convivente dal novero dei familiari, ai sensi dell’art. 230-bis c.c.
Ciò ha avuto un impatto fortissimo anche sulle decisioni successive della Cassazione, la quale deve ora considerare rilevante anche il contributo lavorativo dei conviventi nell’impresa familiare per valutare la natura del rapporto lavorativo. Quindi, la gestione del tema assume una direzione ben precisa, non soggetta a dubbi o mal-interpretazioni, poiché è abbastanza chiaro rendersene conto.
In conclusione, il lavoro familiare nell’impresa è un tema delicatissimo, con dei veri e propri rischi di riqualificazione del rapporto. Per cui la giurisprudenza recente impone prove precise, specie per quanto concerne la subordinazione e l’onerosità. Mentre la normativa a le giurisprudenza considerano anche il ruolo del convivente di fatto, come collaboratore stabile nell’impresa familiare.
Questa è la strada che hanno intrapreso gli aggiornamenti giurisprudenziali, si riprendono più volte la subordinazione e l’onerosità, i due elementi chiave di lettura finalizzati alla più efficace comprensione della gestione imprenditoriale in tale contesto.
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