Cosa succede quando il mercato si comporta come se nulla potesse andare storto? Un indicatore spesso ignorato sta lanciando segnali forti, ma in pochi sembrano ascoltare. E se questa sicurezza fosse solo apparente? I numeri raccontano una storia diversa, fatta di squilibri e convinzioni pericolosamente unilaterali.
Un parametro tecnico, il cui nome direbbe poco a chi non mastica finanza ogni giorno, sta salendo a livelli che in passato hanno preceduto svolte storiche. E mentre l’ottimismo dilaga, c’è chi consiglia di leggere tra le righe. Perché i mercati, si sa, cambiano umore in fretta, e i segnali non sempre arrivano urlando. Forse questo è uno di quei momenti da non prendere sottogamba.

L’atmosfera sui mercati azionari è quella di una calma quasi sospetta. Gli investitori sembrano scommettere tutto su una crescita solida e duratura, ignorando alcuni indizi che suggeriscono un equilibrio fragile. Al centro dell’attenzione, almeno per chi osserva con occhio critico, c’è il rapporto ciclici/difensivi dell’S&P 500. Si tratta di un indicatore che confronta la valutazione media dei titoli ciclici, legati all’andamento economico, con quella delle azioni difensive, considerate più stabili.
Il valore raggiunto il 6 giugno 2025 è di 1,19: significa che le azioni cicliche sono scambiate a un premio del 19% rispetto a quelle difensive. È uno dei valori più alti mai registrati, e rientra nel top 10% storico. Questo dato suggerisce che il mercato non sta tenendo conto di alcun rischio di recessione, malgrado i segnali di incertezza non manchino: inflazione persistente, tensioni geopolitiche con la Cina, politiche commerciali aggressive.
Ciclici sopra ogni cosa: il mercato ignora i campanelli d’allarme
Nel passato, ogni volta che questo rapporto ha cominciato a spostarsi verso i titoli difensivi, è stato un segnale anticipatore di crisi economiche. È successo nel 2000, nel 2008 e anche nel 2020. Oggi, però, il movimento è opposto: il mercato continua a premiare le azioni più esposte all’economia reale, ignorando i dati che suggeriscono una possibile frenata.

Il Leuthold Group, tra le voci più attente su questi temi, ha evidenziato come il mercato sembri vivere in una sorta di bolla di ottimismo. Non è ancora iniziata quella che in passato è stata definita la fase di “prezzo recessivo”, in cui gli investitori iniziano a cercare rifugio in asset più stabili.
A supportare questa tesi c’è anche l’analisi dei portafogli dei grandi gestori. Nella nota pubblicata il 6 giugno dal Leuthold Group, intitolata “Equity Managers Are Betting Against Recession”, si sottolinea come gli operatori siano fortemente esposti ai titoli ciclici, ignorando segnali di debolezza che, se trascurati, potrebbero presentare il conto.
Il ruolo degli indicatori macro e la fiducia (forse eccessiva)
Un altro elemento importante è la Recession Dashboard dello stesso Leuthold Group, aggiornata ad aprile. Essa mostra un rischio recessivo vicino al 50%, in un quadro di apparente stabilità. Il mercato del lavoro a tempo pieno e alcuni segmenti azionari mostrano segni di rallentamento, ma questo non sembra influenzare il posizionamento degli investitori.
Il paradosso è evidente: mentre alcuni segnali suggeriscono cautela, il comportamento dei gestori indica una fiducia piena nella crescita. Eppure, come già accaduto in passato, bastano pochi elementi per ribaltare il quadro. Una delusione su dati macro, una correzione dei mercati, o un nuovo shock esterno, potrebbero riportare l’attenzione verso i titoli difensivi, segnando una nuova inversione di tendenza.
Vale la pena chiedersi quanto sia solido questo ottimismo e se non ci sia il rischio di una fiducia eccessiva. In fondo, i mercati hanno memoria corta ma reazioni rapide.