La durata del lavoro fa la differenza nel percepimento della NASPI: la pronuncia della Cassazione è una mazzata.
La Cassazione si pronuncia con la sentenza n. 19638 del 16 luglio 2025, stabilendo che, ai fini della compatibilità tra Naspi e nuovo rapporto di lavoro, bisogna esaurire dei criteri ben definiti. Non basta più la sola previsione contrattuale, ma si ritiene necessario fissare dei punti che non devono assolutamente venire meno.

Per la Naspi conta la durata “effettiva” del lavoro impiegato: mani alle calcolatrici, perché ognuno potrà contare da sé la mazzata a cui andrà incontro. Si tratta della gestione tra quest’ultima e il nuovo rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 9 Decreto Legislativo n. 22/2015.
Cosa si conferma? Che conta la durata effettiva del rapporto, ma anche su un secondo elemento bisogna fissare l’attenzione. Si tratta del reddito che nel concreto viene realmente percepito dal diretto interessato. Per cui non basta la sola previsione contrattuale di un impiego maggiore ai sei mesi per far scattare la decadenza.
Infatti, se il rapporto cessa prima, come nel caso del recesso al quinto mese per mancato superamento della prova, la prestazione non potrà più essere revocata.
Fattispecie concreta, come la nuova durata del lavoro influisce sulla NASPI
Presentate nella teoria le novità della Naspi legate alla durata del lavoro, si passa ad analizzare la fattispecie concreta, e come si possono trattare le suddette situazioni.

La Naspi è un istituto molto importante per le famiglie di oggi che sono sempre più vessate da inflazione e crisi monetaria, poiché ne subiscono dirette e indirette conseguenze.
Le sostiene economicamente davanti situazioni di difficoltà, come il licenziamento appunto, e la mancanza di un reddito sotto i piedi per far fronte alla vita di tutti i giorni. Nell’evoluzione in questione, si comprende quali sono stati gli intenti, soprattutto la direzione che si vuole percorrere in merito a casi come quello evidenziato.
L’obiettivo è chiaramente quello di rendere più chiara e trasparente la gestione del nuovo rapporto di lavoro, senza commettere errori e porsi in una situazione di trasgressione alla legge. Da un esempio si può comprendere come comportarsi in maniera corretta.
Infatti, nella fattispecie concreta posta in esame, si prende in considerazione la situazione del lavoratore che pur beneficiando della NASPI aveva instaurato a sua volta un nuovo rapporto di lavoro subordinato. Questo aveva stabilito in contratto la durata pattuita oltre sei mesi e con una retribuzione maggiore alla soglia del reddito minimo escluso da imposizione.
In ogni caso, il rapporto di lavoro era terminato al quinto mese a causa del recesso datoriale dovuto poi al mancato superamento del periodo di prova.