Cosa succede quando una perdita familiare scuote profondamente, anche senza una condivisione quotidiana degli spazi? Una recente decisione giudiziaria ribalta convinzioni diffuse e cambia le regole del gioco. In un contesto dove l’affetto spesso si intreccia con le distanze fisiche, e dove le famiglie assumono forme sempre più fluide, una sentenza sorprendente offre una nuova prospettiva su ciò che la legge davvero considera importante. Una storia di dolore, giustizia e legami invisibili, che apre nuovi scenari anche per chi, fino a oggi, pensava di non avere diritto a nulla.
I legami familiari, quelli veri, a volte non si vedono. Non si misurano con il tempo trascorso nella stessa casa, né si registrano all’anagrafe. Eppure esistono, forti e silenziosi, capaci di sostenere intere esistenze. A volte, sono le abitudini condivise, le telefonate serali, le feste di compleanno passate insieme a raccontare meglio di ogni documento la profondità di un rapporto.

In una piccola città abruzzese, due nipoti adulti hanno vissuto per anni un legame intenso con il nonno. Lui era un punto fermo, un riferimento continuo. Ma quando un tragico incidente ha strappato quell’uomo dalla loro vita, nessuno avrebbe immaginato che la loro richiesta di risarcimento per la perdita del nonno avrebbe avuto un tale risalto giuridico.
Non convivevano con lui. Non risultavano nel suo stato di famiglia. Ma c’era qualcosa di più: c’erano i gesti quotidiani, i ricordi condivisi, l’affetto tangibile. E tutto questo, oggi, ha avuto finalmente un riconoscimento legale. Il Tribunale di Lanciano ha aperto un varco che va ben oltre la semplice giurisprudenza. Ha dato voce a un modello di famiglia reale, autentico, imperfetto e fortissimo.
Quando il legame affettivo conta più della convivenza
Per molto tempo si è pensato che per accedere a un risarcimento per la perdita di un familiare, fosse necessario dimostrare la convivenza. Una convinzione dura a morire, sostenuta spesso anche dalle compagnie assicurative. Ma la realtà racconta un’altra storia: quella delle famiglie moderne, che si amano anche a chilometri di distanza.

La sentenza del Tribunale di Lanciano del 13 agosto 2025 ha segnato una svolta importante. In quell’occasione, i giudici hanno riconosciuto un risarcimento rilevante a due nipoti che non vivevano più sotto lo stesso tetto del nonno. La coabitazione non è stata considerata elemento necessario per dimostrare il danno subito. Decisivo, invece, è stato il racconto di una relazione viva e presente, fatta di visite frequenti, ricorrenze condivise, e un affetto che si esprimeva attraverso gesti semplici ma costanti.
Uno dei due nipoti, ad esempio, era solito accompagnare il nonno alle visite mediche. L’altro aveva trascorso infanzia e adolescenza tra la scuola e il locale del nonno, una pizzeria di paese, diventata quasi un’estensione della casa. Entrambi avevano trovato in quella figura adulta un equilibrio e una stabilità che spesso mancava altrove.
Il tribunale ha valutato le prove: testimonianze, abitudini, fotografie, messaggi. È emersa una relazione affettiva intensa e autentica. Non un semplice “rapporto di sangue”, ma una vera presenza affettiva quotidiana. A nulla sono valse le obiezioni dell’assicurazione, che insisteva sulla mancanza di residenza comune. Il giudice ha ribadito con forza che ciò che va tutelato è il legame effettivo, non la burocrazia.
Una giustizia più vicina alle famiglie di oggi
Il caso di Lanciano ha messo in discussione un modo obsoleto di leggere le famiglie, troppo spesso ancorato a parametri rigidi. Per riconoscere il danno da perdita parentale, oggi si guarda finalmente alla qualità della relazione. E proprio per questo, il tribunale ha utilizzato le cosiddette “tabelle romane”, uno strumento equo per calcolare il valore di una perdita in termini affettivi.
Non si tratta di dare un prezzo ai sentimenti, ma di trovare un criterio condiviso che eviti valutazioni arbitrarie. In questo caso, sono stati considerati fattori come l’età dei nipoti, quella del nonno, la profondità della relazione, e la sofferenza concreta derivata dalla scomparsa. A ciascuno dei nipoti è stato riconosciuto un indennizzo superiore ai 79 mila euro. Una cifra che riflette non solo il dolore della perdita, ma anche il peso del vuoto lasciato.
Ma il vero valore di questa sentenza è simbolico. Riconosce finalmente che i legami familiari non devono per forza corrispondere a uno schema tradizionale. Che un nipote può avere un legame più forte con un nonno che vede ogni settimana, rispetto a un parente con cui convive ma non parla mai. È un invito a rivedere le regole del gioco e a portare la giustizia più vicina alla vita vera delle persone.
Questa interpretazione potrebbe aprire la strada a nuove richieste legittime, da parte di chi fino a oggi non si sentiva tutelato.