Lo strumento dell’isopensione – noto anche come “assegno di esodo” – rappresenta una delle soluzioni più significative per il prepensionamento in Italia. Per chi lavora in aziende private con più di 15 dipendenti e si trova a pochi anni dal raggiungimento della pensione, può essere un’opportunità rilevante. Tuttavia le regole sono precise e gli obblighi da rispettare numerosi.
Negli ultimi anni l’interesse verso l’uscita anticipata tramite isopensione è cresciuto nelle aziende con oltre 15 dipendenti, dove i piani di esodo si integrano con la gestione degli esuberi. Le fonti ufficiali dell’INPS precisano che lo strumento si applica ai lavoratori che maturano la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata entro un massimo di 7 anni (fino al 31 dicembre 2026). Il datore di lavoro deve garantire una fideiussione bancaria a tutela dei pagamenti e sostenere integralmente l’assegno e la contribuzione figurativa fino alla maturazione dei requisiti.

Gli approfondimenti de Il Sole 24 Ore e i vademecum di CAF e consulenti del lavoro spiegano che l’importo dell’assegno replica la quota di trattamento che il dipendente avrebbe al momento dell’uscita, aggiornato secondo le regole INPS, mentre non si tratta di pensione vera e propria. L’accordo richiede negoziazione con le organizzazioni sindacali, approvazione dell’INPS e un piano temporale con il numero di lavoratori coinvolti. Per molte realtà, l’isopensione è parte di un pacchetto di politiche HR che include riqualificazione, turn over e reimpiego, con un impianto di trasparenza e controlli sulle erogazioni.
Requisiti, regole e tutele previste
Secondo INPS e Ministero del Lavoro, l’isopensione è riservata a datori privati con più di 15 dipendenti, previo accordo sindacale che definisce tempi, platea, criteri e sostenibilità. Il lavoratore deve trovarsi entro 7 anni dal requisito di pensione di vecchiaia o pensione anticipata (fino al 2026); la finestra ordinaria ritorna a 4 anni dal 2027, come riportato dai dossier tecnici di INPS e dalle analisi de Il Sole 24 Ore. L’impresa eroga un assegno mensile sostitutivo e versa la contribuzione figurativa fino alla maturazione del diritto; inoltre deposita una fideiussione a copertura del piano, così da garantire continuità nei pagamenti.

Le guide operative dei CAF ricordano che l’assegno non è una pensione, ma un sostegno transitorio in attesa della decorrenza; la domanda di pensione si presenta solo al raggiungimento dei requisiti. Le fonti sottolineano che l’isopensione è legata a piani di riorganizzazione: non è un diritto individuale automatico, bensì una misura concordata e autorizzata.
Casi pratici e impatti per lavoratori e imprese
Caso 1: azienda manifatturiera con 120 addetti avvia un accordo di esodo per 6 lavoratori che raggiungeranno la pensione entro 7 anni. Dal mese successivo alla cessazione, ciascuno riceve un assegno pari al trattamento teorico maturato e matura contribuzione figurativa. L’impresa, come evidenziato da Il Sole 24 Ore, sostiene costo dell’assegno e degli oneri previdenziali e presenta fideiussione a favore di INPS. Caso 2: lavoratore di 62 anni, a 5 anni dalla vecchiaia, aderisce all’isopensione: esce oggi, percepisce l’assegno fino alla decorrenza e poi accede alla pensione. Caso 3: impresa di servizi con 300 dipendenti, in ristrutturazione, combina isopensione e ricollocazione: parte del personale esce con assegno, parte viene riqualificata.
Le letture tecniche delle circolari INPS e i commenti di esperti del lavoro riportano che l’assegno non subisce cessione del quinto e che l’indicizzazione segue regole diverse rispetto al trattamento definitivo. Per i lavoratori, la misura offre prevedibilità del reddito e maturazione contributiva; per le imprese, consente una gestione ordinata degli organici, a fronte di un impegno economico rilevante e di obblighi formali rigorosi. In un mercato del lavoro in transizione, l’isopensione resta una leva mirata, con effetti misurabili su ricambio generazionale, tutele e sostenibilità dei piani di ristrutturazione.